Foto di Wolfgang Hasselmann, via Unsplash 

Cattivi Scienziati

Uno studio sui coleotteri spiega come le cure parentali influenzano l'evoluzione

Enrico Bucci

Un gruppo di ricercatori ha dimostrato che il progresso delle specie può essere determinato, sia a livello di individuo che di popolazione, da dinamiche collettive. Un ruolo fondamentale lo ricoprono le attenzioni da parte dei genitori o la loro assenza 

Le cure parentali sono un esempio di investimento da parte dei genitori per favorire la sopravvivenza e l’espansione del proprio patrimonio genetico in una popolazione.
Dal punto di vista del “gene egoista”, cioè, è un modo in cui si aumenta l’efficacia replicativa di un certo genoma, aumentando il numero di copie che questo lascerà nella popolazione non attraverso un maggior numero di cicli replicativi – cioè aumentando la discendenza all’inverosimile – ma attraverso l’accrescimento della probabilità che la propria discendenza, diventando adulta, possa a sua volta moltiplicarsi.

In aggiunta, per quelle specie come la nostra che trasmettono anche una cultura, e non solo dei geni, prendersi cura dei figli per un tempo sufficientemente lungo serve a trasmettere informazione utile per la sopravvivenza aggiuntiva rispetto a quella codificata nei geni e a quella ricavabile da ogni individuo direttamente dall’ambiente.

 

Un nuovo studio, pubblicato per ora sotto forma di preprint, illustra però un’ulteriore, interessante conseguenza connessa alla pratica delle cure parentali. Contrariamente agli effetti cui si è appena accennato, che aumentano la fitness di un individuo (o per meglio dire di una coppia di individui, in caso di riproduzione sessuata) accrescendo le probabilità di sopravvivenza e replicazione della propria discendenza, nel lavoro appena pubblicato si mostrano degli effetti di tipo diverso, che interessano la fitness di una intera popolazione, e dunque della specie, nel suo complesso, aumentando le riserve di variabilità genetica a disposizione per far fronte ai mutamenti ambientali.

 

I ricercatori hanno sperimentato con un tipo particolare di coleotteri (Nicrophorus vespilloides). Questi coleotteri cercano i cadaveri di piccoli animali come topi o uccelli. In presenza di un cadavere, un maschio e una femmina formano una coppia, combattendo gli altri conspecifici e seppellendo gradualmente il loro bottino. Quindi rimuovono piume o pelo e intestini, per poi ricoprire il cadavere con fluidi antimicrobici e formare un nido. Quindi depongono le uova. Fatto insolito fra i coleotteri, i genitori possono restare e prendersi cura dei piccoli. Non solo li proteggono dai predatori, ma nutrono anche le larve, le quali sono in grado di richiedere il cibo con movimenti stereotipati, ovvero sollevando la metà anteriore del corpo.

 

I ricercatori hanno creato in laboratorio quattro gruppi di 60-80 coleotteri ciascuno. In due, i genitori sono stati rimossi dopo aver deposto le uova; negli altri due, i genitori sono rimasti con la loro prole per tutto il loro tempo. Alle popolazioni è stato permesso di evolversi nell'arco di 30 generazioni e l'intero genoma di alcune larve è stato sequenziato a ogni generazione.
Le popolazioni prive di cure parentali si sono evolute rapidamente: ad esempio, le loro mandibole sono diventate più grandi per aiutare le larve a penetrare nella carogna a loro disposizione, e gli individui sono diventati per lo stesso motivo più cooperativi con i propri fratelli.

 

La cosa interessante, tuttavia, è stato il riscontro di un tasso di mutazione molto più alto nelle popolazioni dotate di cure parentali, che non hanno evoluto tratti specifici, rispetto a quelle private delle cure parentali. Mentre queste ultime si sono specializzate alla nuova condizione, nelle prime è rimasta molta più variabilità genetica; sono state mantenute persino alcune mutazioni letali recessive, che cioè in doppia copia uccidevano i portatori.

 

Questo risultato implica che la minore pressione ambientale, dovuta alla protezione offerta dai genitori, consente la sopravvivenza di un maggior numero di tratti genetici in una popolazione (inclusi alcuni negativi); siccome, in generale, la variabilità genetica in una popolazione significa maggiore possibilità di adattamento in caso di nuove pressioni ambientali, emerge attraverso lo studio la dimostrazione di un ruolo lungamente ipotizzato, ma mai provato, delle cure parentali nel favorire l’adattabilità di una specie promuovendo la variabilità genetica individuale nelle popolazioni componenti.

 

Nel caso studiato, inoltre, si osserva anche come l'ambiente più duro sperimentato dagli individui privi di cure parentali ha imposto una forte selezione direzionale con conseguente rapido adattamento e riduzione della variabilità genetica nella popolazione. Tra gli adattamenti genetici osservati nelle popolazioni prive di cure parentali, si nota in particolare un insieme di effetti su geni che controllano il comportamento sociale: la perdita di cure parentali favorisce cioè l’emergere di un nuovo tratto sociale, la congregazione aumentata fra gli individui di una stessa nidiata, che bilancia in parte gli effetti negativi in termini di denutrizione ed esposizione ai pericoli dovuti all’assenza dei genitori.

 

Questi risultati indicano che, a valle del ben stabilito effetto genetico nel determinare i tratti sociali di un individuo, esiste anche un effetto inverso a livello di popolazione, in cui sono i tratti sociali come le cure parentali (o la loro assenza) a determinare sia la variabilità genetica complessiva di una popolazione che la selezione di tratti genetici compensatori, i quali poi, a loro volta, possono ancora una volta manifestarsi sotto forma di adattamenti sociali del comportamento.

Così, geni e comportamenti si inseguono e si influenzano gli uni con gli altri, determinando un continuo inseguimento adattativo per aumentare la sopravvivenza e il benessere delle popolazioni, dimostrando come anche i tratti sociali siano parte del nostro fenotipo esteso e influenzano la selezione darwiniana dei geni più adatti.

Di più su questi argomenti: