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cattivi scienziati

Perché il "Dna spazzatura" è importante per l'evoluzione cognitiva dell'uomo

Enrico Bucci

Qualcuna delle funzioni e capacità umane a cui siamo più affezionati potrebbe essere sorta quando uno pseudogene riattivato, originariamente presente nel “Dna spazzatura”, ha per caso acquisito la capacità di “uscire dalla scatola”, cioè dal nucleo cellulare, innescando così un processo di selezione naturale favorevole. I risultati di uno studio

A volte, nuove funzioni di notevole importanza per una specie possono emergere letteralmente “out-of-the-box”, in un significato che sarà chiaro più avanti. Questo è il risultato di un nuovo, interessantissimo studio appena pubblicato su una rivista del gruppo Nature, che ha dimostrato come sono emersi specificamente nella nostra specie importanti geni in grado di controllare lo sviluppo del cervello e delle abilità cognitive di qualunque mammifero. È necessario a questo punto un piccolo ripasso di biologia.

Il nostro DNA determina le caratteristiche strutturali e funzionali del nostro organismo, a partire dalle cellule fino all’intero corpo, attraverso la produzione controllata di qualche decina di migliaia di tipi di proteine, diverse fra loro perché corrispondenti ad una diversa sequenza di DNA - cioè ad un diverso gene specificato nel nostro DNA. Ogni gene fatto di DNA, per dare origine ad una proteina, deve essere “tradotto” in una corrispondenza sequenza di RNA messaggero, la quale – come ormai abbiamo un po’ tutti imparato in tempo di vaccini a mRNA – è a sua volta tradotta nella proteina corrispondente. Vi è però una barriera che deve essere superata: nelle nostre cellule, la sintesi di RNA a partire dal DNA genomico avviene nel nucleo, mentre la sintesi di proteine a partire da un RNA messaggero avviene al di fuori di questo, nel corpo della cellula detto citoplasma.

Il secondo punto da considerare è che il nostro DNA abbonda di regioni che non esplicano apparentemente nessuna funzione specifica, ed anzi non sono nemmeno tradotte sotto forma di RNA, oppure sono tradotte in RNA che non possiedono le caratteristiche necessarie ad espletare particolari funzioni. Le regioni di DNA in questione, forse un po’ avventatamente, sono infatti state chiamate “DNA spazzatura”, e sono particolarmente abbondanti nel nostro genoma. Poiché non codificano per tratti su cui la selezione naturale possa agire, esse mutano in generale più velocemente rispetto alle regioni di genoma dotate di funzioni utili alla vita.

 

L’origine del “DNA spazzatura” deriva da integrazioni di materiale esogeno, come il DNA di antichi virus, o dallo “spegnimento” di geni non più funzionali, o dalla duplicazione di questi anche solo parziale e da altri meccanismi ancora di inserzione e delezione nel nostro genoma. Talvolta, qualche mutazione può portare a “resuscitare” le sequenze di DNA spazzatura: esse sono allora tradotte in lunghi RNA, che però non riescono ad uscire dal nucleo, e dunque non danno origine a proteine e non esplicano funzioni. Ora, lo studio che qui si discute ha identificato una serie di mutazioni che trasformano sequenze di DNA apparentemente inutili in potenziali geni codificanti proteine, dotando il corrispondente RNA della capacità di uscire dal nucleo cellulare, un passo indispensabile per dare origine ad una proteina. Questo risultato è stato ottenuto confrontando il DNA di scimpanzè ed esseri umani, da una parte, con quello del topo: ciò ha portato ad identificare 74 sequenze di DNA che non codificano alcuna proteina nei topi, generando al massimo lunghi RNA incapaci di abbandonare il nucleo, RNA che invece nella versione umana possiedono una particolare porzione, detta U1, che permette di uscire dal nucleo e dare origine ad una proteina. Oltre la metà di questi RNA ha acquisito questa capacità solo nell’uomo e non nello scimpanzè, e sono per questo attivi solo recentemente da un punto di vista evolutivo. Nove delle proteine così identificate sono note per essere coinvolte nello sviluppo del cervello; fra questi, i ricercatori hanno dimostrato due che rendono capaci delle particolari versioni di tessuto cerebrale “in provetta”, chiamate organoidi corticali, capaci di crescere di più.

Quando è stato introdotto uno di questi due geni nei topi, anche i loro cervelli sono diventati più grandi del normale e hanno sviluppato una corteccia più grande, cioè hanno mostrato maggiori dimensioni nello strato esterno rugoso del cervello dei mammiferi che negli esseri umani è responsabile di funzioni di alto livello come il ragionamento e il linguaggio. Il secondo gene ha mostrato non solo questa capacità, ma ha anche fatto sì che il cervello degli animali sviluppasse creste e solchi più simili a quelli umani. I ricercatori hanno anche preannunciato risultati che mostrano come i topi con questo ultimo gene hanno ottenuto risultati migliori nei test della funzione cognitiva e della memoria rispetto ai topi privi del gene.

 

Infine, dunque, qualcuna delle funzioni e capacità umane a cui siamo più affezionati – la nostra abilità cognitiva – potrebbe essere quando uno pseudogene riattivato, originariamente presente nel “DNA spazzatura”, ha per caso acquisito la capacità di “uscire dalla scatola”, cioè dal nucleo cellulare, innescando così un processo di selezione naturale favorevole. Le mutazioni possono anche essersi accumulate  gradualmente, ma il salto evolutivo è stato improvviso, illustrando come, con un meccanismo a soglia, molte mutazioni si possano accumulare, per poi dare improvvisamente origine ad un tratto del tutto nuovo quando una sola, cruciale, “accende” la funzione di un DNA gradualmente mutato.

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