Foto Ansa/Sashenka Gutierrez 

Cattivi Scienziati

Il virus si evolve in un ecosistema ampio, cervi inclusi. Uno studio

Enrico Bucci

La nostra salute non è separata da quella dell’ambiente e delle specie con cui conviviamo. I vaccini, i farmaci e le misure di contenimento sono solo una parte di ciò che serve. Il resto è la vigilanza ad ampio spettro

Uno degli elementi più importanti, ma più trascurati, per quel che riguarda la convivenza fra la nostra specie e Sars-CoV-2 è la capacità di questo virus di infettare molte specie di mammifero diverse. Questa capacità è già stata dimostrata negli allevamenti di visone, ove i mustelidi si sono infettati e hanno poi ritrasmesso il virus agli addetti; e lo scambio tra uomo e molteplici altre specie, dal punto di vista dell’epidemiologia, significa che nessun vaccino e nessun antivirale, come pure nessuna immunità di popolazione per quanto prolungata, potranno mai eradicare Sars-CoV-2, vista la disponibilità di specie-serbatoio, entro le quali il virus è al sicuro dalla profilassi umana. Le specie diverse dalla nostra, è bene ricordarlo, non hanno semplicemente il ruolo di rifugio e serbatoio per il virus: in esse la mutazione e la differenziazione evolutiva del virus continuano e questo processo è stato proposto come alla base dell’improvvisa emersione di una variante completamente diversa dalle precedenti, quale Omicron.


Adesso sono arrivati nuovi dati che permettono di apprezzare meglio l’importanza evolutiva del traghettamento fra diverse specie ospiti di Sars-CoV-2. In uno studio pubblicato sotto forma di preprint , sono stati descritti gli isolati virali ottenuti da campioni di cervo dalla coda bianca americano, una specie già nota per essere ampiamente suscettibile di infezione. A partire da 93 tamponi nasali, sono stati identificati 18 casi di infezione fra l’autunno e l’inverno 2021, provenienti da 10 delle 31 contee della Pennsylvania incluse nello studio. Fra i casi positivi, è stato possibile ottenere la sequenza di 8 diversi campioni: due hanno restituito sequenze appartenenti al ceppo Alfa, le restanti al ceppo Delta.

La cosa interessante è che le due sequenze di ceppo Alfa provengono da campioni isolati quando nella popolazione umana americana il ceppo Alfa era stato estinto in gran parte da Delta; in aggiunta, queste due sequenze sono lontanissime dalle sequenze umane, avendo accumulato oltre 45 mutazioni indipendenti e  una differenza rispetto alle sequenze umane superiori a quella esistente fra qualunque virus Alfa umano. Questo significa che il virus Alfa, arrivato nei cervi dall’uomo, ha cominciato una sua propria evoluzione; inoltre, all’interno dei cervi dalla coda bianca la variante Delta non ha interrotto questa evoluzione, come accaduto almeno per ora nella specie umana.

 

Per quello che riguarda i ceppi Delta trovati nei cervi, essi assomigliano maggiormente ai corrispondenti ceppi umani, in qualche caso essendo quasi indistinguibili; nei cervi, tuttavia, sono stati identificate varianti Delta molto rare negli umani. Se poi si paragonano le 8 sequenze isolate in Pennsylvania con altre 108 sequenze di virus isolate in cervi dell’Ohio e dell’Iowa tra il 28 settembre 2020 e il 25 febbraio 2021, che corrispondono tutte a sequenze della precedente variante Beta, si nota che tutte le sequenze di cervo, comprese le ultime descritte dagli autori del lavoro qui discusso, sono arricchite da mutazioni assenti o molto rare nelle controparti umane: questo significa che la specie ospite, in questo caso i cervi, agisce con forza selezionando quelle mutazioni, le quali potrebbero anche essere acquisite grazie alla famosa omoplasia in ceppi umani originariamente diversi che hanno infettato i cervi. Considerando la diversità delle sequenze isolate in Pennsylvania, l’ipotesi più supportata è quella di almeno 4 eventi di spillover dall’uomo al cervo nel periodo di tempo considerato, il che è consistente con la grande diffusione di questi animali in quello stato, con densità anche molto alte in alcune zone rurali.

 

L’insegnamento che studi come questo ci danno è chiaro: la nostra salute non è separata da quella dell’ambiente e delle specie con cui conviviamo, e l’evoluzione di un virus agisce su un panorama ecologico molto più complesso di quello che ci piacerebbe. I vaccini, i farmaci e le misure di contenimento sono solo una parte di ciò che serve; l’altra parte è la vigilanza ad ampio spettro e quella che chiamerei socio-ecologia di parassiti e ospiti, i quali tutti sono impegnati a massimizzare la propria fitness, e nessuno dei quali può essere realmente seguito in isolamento da tutti gli altri. One health significa questo: il nostro ecosistema e gli attori che lo popolano sono determinanti integrali della nostra salute, ed è su tutti che dobbiamo vigilare, se vogliamo sperare di cavarcela.

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