Foto Pixabay

Festeggiate il Pi greco day. E riscoprite l'importanza della matematica

Luigi Regoliosi*

Oggi la festa dedicata alla costante matematica più famosa. Un’occasione privilegiata per risvegliare le coscienze di docenti e studenti

Il Pi Day è la festa dedicata alla costante matematica più famosa, che indica il rapporto tra la circonferenza e il diametro del cerchio. In tutto il mondo, matematici e fisici rendono omaggio al 3,14 che viene ricordato con una serie di iniziative proprio il 14 marzo, 3.14 nella grafia anglosassone, data che coincide anche con il compleanno di Albert Einstein. La prima celebrazione del “π Day” si tenne nel 1988 all'Exploratorium di San Francisco, per iniziativa del fisico statunitense Larry Shaw, in seguito insignito del titolo di “Principe delπ. La prima edizione prevedeva il preparare torte (per la somiglianza tra le parole “pie”, torta, e “pi”) e il marciare in circolo intorno al museo. Da alcuni anni questa festa è diventata anche un pretesto per ricordare e per difendere il valore inestimabile della disciplina più bella del mondo, nelle forme più disparate:

- l’anno scorso a Todi si sono inventati la catena umana formata con le prime 1100 cifre di pi greco, entrando nel Guinness dei primati.

- numerosi docenti della scuola primaria e secondaria di primo grado hanno realizzato lavori o percorsi sul tema della giornata o vere e proprie feste della matematica (si veda in rete #pigrecoday o #festadellamatematica)

- altri istituti scolastici, enti e associazioni hanno organizzato concorsi, gare a tema, conferenze sulla bellezza del pi greco o semplicemente della matematica.

- la scrittrice Anna Cerasoli – laureata in matematica che da anni si dedica alla divulgazione della matematica in forma narrativa - ha pubblicato il bellissimo libro “Tutti in festa con pi greco” con Editoriale Scienza. Il testo trae spunto dalla festa internazionale di Pi greco per parlare di matematica a studenti dalla quinta elementare in su, ma anche a lettori adulti. Al racconto della nascita della famosa costante sono affiancati box con proposte di attività e giochi per la festa ma anche approfondimenti o curiosità.

 

  

Il pi greco è un simbolo usato in matematica per rappresentare un numero le cui proprietà hanno affascinato i matematici fin dai tempi di Archimede (III secolo a.C.). Una cifra che non può essere indicata in modo esatto usando i decimali oppure le frazioni, come si fa per i numeri usati nella vita quotidiana. Possiamo solo fornirne delle approssimazioni. Si tratta di un numero un po’ maggiore di 3, molto vicino a 22/7 (di poco più piccolo). Il calcolo delle sue cifre decimali non finisce mai: 3,1415926535 … (con i moderni calcolatori si raggiungono sempre nuovi record di decimali calcolati). Per questo motivo si è introdotto un simbolo per designarlo: si tratta della prima lettera della parola greca “periphéreia”, che significa circonferenza. Infatti, il numero π si affacciò nella matematica greca in relazione al problema della misura del cerchio e della circonferenza: i matematici greci non cercavano formule per ottenere un valore numerico rispetto a una certa unità di misura di area o di lunghezza (nel mondo antico i tecnici sapevano calcolarlo) bensì erano interessati ai rapporti fra grandezze: è sorprendente che vi siano rapporti costanti fra la lunghezza di qualsiasi circonferenza e la lunghezza del suo diametro, e fra l’area del cerchio che essa comprende e l’area di un quadrato di lato uguale al raggio. Tuttavia, l’uso di tale simbolo risale soltanto a trecento anni fa, e fu l’autorità del grande matematico Eulero (XVIII sec.) a imporlo.

 

 

Sulla storia e sulle numerose applicazioni del pi greco ci sarebbe moltissimo da aggiungere (e da studiare). Quando si parla di π non si parla semplicemente di 3,14 come “volgarmente” viene considerato fin dalla scuola primaria! L’approssimazione – propria del calcolo dell’agrimensore – nasce dalla matematica pratica ed in alcuni casi risulta necessaria e conveniente, ma non deve oscurare la bellezza misteriosa di questo numero trascendente.

 

Ma il pi greco day può essere anche un’occasione privilegiata per risvegliare le coscienze di docenti e studenti sull’importanza della matematica. Basta parlare di essere portato o non essere portato per la matematica! La matematica è – e può/dovrebbe essere – per tutti. L’insegnamento è un rapporto e abbiamo bisogno di maestri. Dunque, per tutti noi c’è stato qualcuno che ci ha portato o non ci ha portato alla matematica. La responsabilità di portare e non portare è di noi adulti – docenti e genitori – che dobbiamo e possiamo provarle tutte per portare i nostri ragazzi a comprendere gli aspetti elementari di questa disciplina. Così, c’è chi diverrà Einstein e chi semplicemente avrà fatto dei passi importanti nell’uso della sua ragione e della sua capacità d’osservazione (come quando si suona uno strumento non si diventerà per forza dei grandi musicisti, o quando si dipinge non si diventerà Van Gogh). Ma se avremo avuto l’opportunità di lavorare ed imparare con dei maestri, saremo entrati dentro la musica, dentro la pittura, e allora sì che si potrà dire “guarda quello com’è stato portato ALLA musica, ALLA pittura, ALLA MATEMATICA!”

 

Per insegnare matematica oggi non c’è bisogno di effetti speciali o di fuochi d’artificio. Il pi greco day deve essere un’esplicitazione di qualcosa che è già straordinario nel quotidiano. Non possiamo lamentarci del fatto che i nostri allievi siano distratti – o più distratti di ieri – ma occorre andare a sfidarli su qualcosa di veramente attraente per il contenuto che ha anzitutto per noi e poi per loro. Distratto è, infatti, il contrario di attratto. Se non parliamo ai nostri ragazzi di qualcosa che amiamo, che vale la pena incontrare e conoscere, se le nostre lezioni non hanno un contenuto attraente neanche per noi, come possono attrarre i nostri alunni distratti? Davvero pensiamo che il fidget spinner o lo smartphone possano essere più interessanti della nostra lezione? E allora ben venga il pi greco day se è la comunicazione di una bellezza già sperimentata o comunque possibile da sperimentare nell’immediato futuro.

 

I nostri alunni vogliono essere sfidati non attraverso test, formule inverse o simili, bensì desiderano scoprire la meraviglia “filosofica” di questa disciplina. A tal proposito ho ancora negli occhi e nel cuore la recente lezione dal titolo “Il bambino-filosofo di fronte ai problemi” della professoressa Millan Gasca, ordinario di matematiche complementari presso l’Università Roma Tre ed autrice tra l’altro per Zanichelli dei testi “Pensare in matematica” e “Numeri e forme”.

La professoressa ha concluso il suo intervento con una citazione con cui anche io mi permetto di terminare il mio articolo. Sperando che ogni studente possa scoprire la matematica nel rapporto con adulti veramente efficaci nel loro insegnamento, cioè – come affermava il matematico Federigo Enriques - capaci di una comunicativa, una passione che portano alle cose insegnate, una larghezza degli interessi che li faccia capaci di mettersi al posto degli allievi e di sentire con essi.

 

Per la matematica, cerca non solo di ricordare semplicemente cosa e come fare, ma anche di capirlo e di apprenderlo come si apprende un pezzo musicale. La matematica non deve essere nella mente come un peso portato dall’esterno, ma come un’abitudine del pensiero: bisogna imparare a vedere i rapporti geometrici in tutta la realtà e individuare le formule in tutti i fenomeni. Chi è capace di rispondere all’esame e di risolvere i compiti, ma dimentica il pensiero matematico quando non si parla direttamente di matematica, non ha appreso la matematica (Pavel Florenskij alla figlia Olecka, dal campo in Siberia, 13/11/1933)”

*Docente di matematica nella scuola secondaria e responsabile scientifico di un gruppo di formatori (tokalonmatematica.it)

Di più su questi argomenti: