La scienza processa Babbo Natale

Maurizio Stefanini

E’ giusto raccontare ai propri figli la storiella del vecchio vestito di rosso e con la barba bianca che porta i regali a Natale solo ai bambini buoni? Psichiatri, psicologi, fisici, pediatri danno vita a un dibattito. Questo sì, surreale

“Il miracolo nella 43esima Strada” era un famoso film del 1947 di cui oggi però la trama è conosciuta soprattutto per quel remake del 1994 che in italiano è intitolato semplicemente “Miracolo nella 43esima Strada”, e che va in onda in tv ogni dicembre. In questa più recente versione è Richard Attenborough il Babbo Natale che per una manovra tra grandi magazzini concorrenti finisce in clinica psichiatrica e sotto processo, ma riesce a ottenere dal giudice una sentenza secondo la quale Santa Claus esiste. Oggi invece non è la legge ma la scienza ad aver iniziato un processo analogo, in cui accusa e difesa si affrontano senza esclusione di colpi.

 

Ad aprire le ostilità a novembre è stato Lancet Psichiatra, autorevole rivista britannica su cui è apparso uno studio a firma dello psicologo Christopher Boyle e della ricercatrice esperta di salute mentale Kathy McKay. I due spiegano che raccontare ai bambini la “Santa Bugia” di Babbo Natale addirittura comprometterebbe la loro fiducia negli adulti e più in generale nella certezza delle regole. “Se papà e mamma sono in grado di mentire su una cosa così speciale e magica, possono poi continuare a essere invocati come i custodi della saggezza e della verità?”, si chiede l’articolo scientifico. E se per ipotesi Santa Claus esistesse sul serio sarebbe ancora peggio. Nel paese di George Orwell, l’idea di una agenzia di intelligence che dal Polo Nord spia i bambini per giudicare i loro comportamenti, premiare i buoni e mandare carbone ai cattivi è considerata dai due studiosi come “terrificante”. Insomma “la moralità di indurre i bambini a credere a questi miti deve essere messa in discussione”. “Tutti i bambini finiranno per scoprire che sono stati presi in giro per anni, e questo potrebbe portarli a chiedersi quali altre bugie sono state dette loro. Se esista il diritto di far sì che i bambini credano a Babbo Natale è una domanda da porre, ed è anche interessante chiedersi se mentire in questo modo li influenzerà in modi che non sono stati considerati”. Quanto al fatto che talvolta sono gli stessi genitori a indulgere su questa possibilità di tornare al mondo fatato dell’infanzia, ebbene, sarebbe addirittura un’aggravante. Una voglia di regressione, d’altra parte testimoniata anche dalla “persistenza di un mondo di appassionati a storie come Harry Potter o Star Wars”.

 

 

 

Appena un mese è passato, e sempre dal Regno Unito un’altra micidiale bordata è arrivata attraverso un saggio di un’altra prestigiosa rivista, il British Medical Journal, che ha pubblicato un numero speciale un po’ tutto dedicato a studi, come dire, ai limiti. Uno, ad esempio, investigava su quale gene del dna fa sì che le persone percepiscano o no il puzzo che nell’orina umana è provocato dal consumo di asparagi. Un altro ha misurato se davvero Pokémon Go spingeva i giocatori a essere meno sedentari, verificando un effettivo aumento di camminate pari a una media di 11 minuti poco dopo aver scaricato il gioco, però del tutto riassorbito entro le sei settimane. Un terzo studio sembra smentire nel modo più clamoroso un famoso detto di Giulio Andreotti sul potere che logora chi non ce l’ha, constatando che i politici vincitori di elezioni vivono in media 2,7 anni in meno dei perdenti. La ricerca su Babbo Natale è stata invece fatta da scienziati di Harvard, dell’Università di Edimburgo e dell’University College, sui regali portati in unità di pediatria di ospedali britannici nel corso del Natale del 2015. La sconvolgente evidenza è che a ricevere più giocattoli non sono i bambini più buoni o più bravi a scuola, ma i più ricchi. “Questo è il primo studio che smentisce il mito che Babbo Natale visita i bambini in funzione del loro comportamento. La privazione socioeconomica gioca un ruolo più importante”, è la devastante conclusione.

 

Ma c’è anche chi Babbo Natale lo difende, e proprio nel nome della stessa scienza. Sempre in Gran Bretagna, il centro di ricerche Alzheimer's Research Uk, per sensibilizzare sul tema, ha messo in onda uno spot dove si vede un Babbo Natale che, colpito a sua volta dal morbo, si dimentica di consegnare i regali. Tocca dunque a una bambina mobilitare gli elfi scienziati per aiutare il vecchietto a tornare efficiente, per mostrare anche ai bambini l’importanza della ricerca. “Babbo Natale è una figura culturale importante. L'idea che anche lui possa ammalarsi mette in luce il fatto che la demenza può colpire le persone più speciali della nostra vita”, ha spiegato il capo dell’associazione Hilary Evans. E proprio nella stessa University of Exeter dove lavora il “Santa Clauscettico” Boyle insegna anche Katy Sheen, fisica del Dipartimento di Geografia che salì agli onori della cronaca per aver fornito una teoria scientifica su come faccia Babbo Natale a consegnare i regali a tutti i bambini del mondo in una sola notte. Secondo i “detrattori” di Santa Claus, ciò sarebbe possibile solo procedendo a una velocità tale che l’attrito finirebbe per incendiare letteralmente il pianeta. E invece no, spiega la professoressa Shen. Non solo il paradosso di Babbo Natale cessa di essere tale se si applica la relatività generale di Albert Einstein, ma addirittura può essere il modo migliore per spiegare ai bambini la teoria alla base della fisica moderna.

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