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Editoriali
Le inefficienze della sanità italiana
I dati Agenas ricordano qual è l’emergenza numero uno degli ospedali. Non basta aumentare i finanziamenti se non si interviene sulla capacità dei territori di spenderli bene
I nuovi dati di Agenas sui costi medi per giornata di degenza “in regime di acuzie” confermano ancora una volta un quadro che l’Italia non può più permettersi di ignorare: un sistema frammentato, disomogeneo, dove le differenze tra strutture – e tra territori – sono la cartina di tornasole di quanto davvero pesino le inefficienze organizzative e l’assenza di una programmazione omogenea a livello nazionale. I costi oscillano dai 1.326 euro per giornata di degenza dell’Aou Vanvitelli di Napoli ai 385 euro del Policlinico Tor Vergata di Roma, passando per una vasta gamma di valori che, tra gli ospedali non universitari, vanno dagli 827 euro dell’ospedale di Cosenza ai 374 euro del Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Numeri che, se letti bene, dicono almeno due cose: la prima è che la complessità clinica incide, ma non fino a giustificare differenze così estreme; la seconda è che l’efficienza organizzativa fa la differenza molto più della spesa assoluta. E’ chiaro allora dove guardare: alle gestioni regionali e, più nel dettaglio, al modo in cui le strutture organizzano i percorsi, utilizzano le risorse, gestiscono i fattori produttivi.
L’indicatore Agenas, ponderato per i Drg (Gruppo Omogeneo di Diagnosi), ha una valenza concreta: un valore elevato significa che ogni giornata di ricovero costa di più perché assorbe più risorse del necessario. Non un dato neutro, ma una spia di processi da migliorare. Eppure, nonostante una forbice così ampia – con il Sud che, soprattutto nelle universitarie, si concentra nella fascia più costosa – la risposta politica è stata sempre la stessa: più fondi, senza mai interrogarsi come questi fondi vengono impiegati. Non basta aumentare i finanziamenti se non si interviene sulla capacità dei territori di spenderli bene. E’ qui che si gioca il futuro della sanità italiana. Non solo su quante risorse avremo ma su quanto saremo capaci di trasformare quelle risorse in servizi reali, in posti letto ben utilizzati, in percorsi appropriati, in degenze più brevi e meglio gestite. Il resto è rumore di fondo. La buona amministrazione, invece, non fa rumore. Ma fa la differenza.