Ansa
Paradosso sanitario e politico
Ecco gli effetti sui vaccini della retorica no vax
Secondo il rapporto OsMed dell'Aifa, siamo un paese che spende sempre di più in prevenzione, ma che sembra crederci sempre meno. A pesare non è solo la stanchezza post-pandemica o la disinformazione online, ma anche un clima culturale e politico ambivalente
Nel 2024 l’Italia ha speso 758 milioni di euro per i vaccini, con un incremento del 6,5 per cento rispetto all’anno precedente. Ma, nello stesso periodo, i consumi sono calati dell’1,5 per cento. E uno dei dati più emblematici del nuovo rapporto OsMed dell’Aifa: un paese che investe sempre di più in prevenzione, ma che sembra crederci sempre meno. In dieci anni, la spesa pro capite per i vaccini è più che raddoppiata, passando da 4,79 a 12,9 euro, mentre il costo medio per dose è triplicato, arrivando a 29,7 euro. Numeri che da soli basterebbero a raccontare un sistema in contraddizione. Eppure il dato non è del tutto sorprendente. Secondo il ministero della Salute, nel 2023 si è registrato un calo nelle vaccinazioni pediatriche nella maggior parte delle categorie raccomandate: la copertura per poliomielite e morbillo nella coorte 2021 si ferma al 94,7 per cento, sotto la soglia fissata dall’Oms per garantire l’immunità di popolazione. Restano sotto gli standard anche le vaccinazioni nei bambini più grandi e negli adolescenti.
Non va meglio per l’influenza, la copertura vaccinale complessiva nella popolazione italiana nel 2024 è stata appena del 19,6 per cento, con un modesto incremento rispetto all’anno precedente, mentre tra gli over 65 si ferma al 52,5 per cento, in calo rispetto al 2023 e ben lontana dall’obiettivo del 75 per cento. Ancora più grave la situazione per i vaccini anti-Covid, con tassi ormai simili a quelli dell’Europa dell’Est dopo il crollo della partecipazione successivo alla pandemia. Il risultato è un paradosso sanitario e politico: spendiamo sempre di più per acquistare vaccini nuovi, più efficaci e sicuri, ma li utilizziamo sempre meno. A pesare non è solo la stanchezza post-pandemica o la disinformazione online: contribuisce anche un clima culturale e politico ambivalente, in cui parte della stessa maggioranza di governo continua a strizzare l’occhio a posizioni scettiche o negazioniste.
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