Editoriali

Una prevenzione che cambierà la vita

Redazione

L’Italia introduce l’immunizzazione universale per i neonati. Molto bene

Non aspettare la malattia, ma costruire intorno alle persone – soprattutto alle più vulnerabili – una barriera di protezione prima che il rischio diventi emergenza. E’ esattamente ciò a cui punta il nuovo programma di immunizzazione universale contro il Virus respiratorio sinciziale (Vrs), che da quest’autunno entrerà nella pratica sanitaria italiana grazie a un’intesa ormai pronta in sede di Conferenza Stato-Regioni. Con un finanziamento di 50 milioni di euro a valere sul Fondo sanitario nazionale, il piano segna un passaggio storico: per la prima volta, tutti i neonati riceveranno un’immunizzazione passiva con l’anticorpo monoclonale nirsevimab, mentre le donne in gravidanza saranno vaccinate tra la ventiquattresima e la trentaseiesima settimana con Abrysvo, un vaccino capace di trasferire al neonato una protezione naturale per tutta la prima stagione epidemica.

 

I risultati della campagna 2024-2025 hanno già mostrato l’impatto di questa strategia: -40 per cento di infezioni da Vrs e quasi -50 per cento di ricoveri nei bambini sotto l’anno di età. E’ la conferma che la prevenzione non è solo un investimento sanitario, ma un atto di equità sociale: perché ridurre i ricoveri significa alleggerire il peso sulle famiglie, sui reparti pediatrici e, in ultima istanza, sull’intero sistema sanitario. Il valore più profondo di questo programma, però, sta nella visione integrata: la collaborazione tra centri vaccinali, reparti di ostetricia e neonatologia, Istituto superiore di sanità e ministero, che seguiranno passo per passo la campagna attraverso report trimestrali e indicatori di efficacia e sostenibilità. E’ la dimostrazione che quando la sanità funziona come rete – e non come somma di comparti – il risultato è tangibile. E c’è un’ulteriore sfida che guarda al futuro: uno studio pilota nazionale per valutare la vaccinazione anti Vrs negli anziani fragili, affetti da Bpco o patologie cardiovascolari. E’ l’altra faccia dello stesso principio: proteggere i poli estremi della vita, chi nasce e chi invecchia, perché entrambi sono i più esposti, e perché la salute pubblica si costruisce prevenendo.

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