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un equivoco di fondo
Perché lo scudo penale per i medici è una risorsa per i pazienti
Un medico più tranquillo è un professionista che lavora meglio. La modifica della responsabilità degli operatori sanitari non è un odioso privilegio a tutela della classe medica e a discapito dei malati, ma esattamente il contrario
Il Consiglio dei ministri ha rinviato, per un supplemento di riflessione, l’esame dello schema di disegno di legge delega sulle professioni sanitarie presentato dal ministro della Salute, che contiene, tra l’altro, una modifica della responsabilità degli operatori sanitari. Si tratta di una proposta che si iscrive in un percorso virtuoso di riforma dal quale difficilmente si potrà tornare indietro e che rappresenta, come ha sottolineato su queste pagine il presidente della Federazione nazionale dei medici, un passaggio atteso, reso ancor più impellente dall’approssimarsi della scadenza delle disposizioni temporanee previste nel decreto milleproroghe (dicembre 2025).
Per superare le ultime riserve, è necessario chiarire un equivoco di fondo, favorito dal fuorviante riferimento all’espressione “scudo penale”, che aleggia nel dibattito pubblico: che si cerchi cioè di introdurre per via legislativa un odioso privilegio a tutela della classe medica e a discapito dei malati. Ebbene, è vero esattamente il contrario: un medico più tranquillo è un professionista che lavora meglio e meglio tutela la salute dei suoi pazienti. Opportuno dunque un intervento che contribuisca a disarticolare la perversa ricerca, anche in sanità, di un colpevole a tutti i costi (sono i numeri che parlano: quasi 35 mila azioni intraprese negli ultimi anni per presunta malpractice, con circa 300 mila fascicoli che affollano i tribunali e il 97 per cento delle denunce in sede penale che finisce con archiviazione o proscioglimento) e che allontani non solo la gogna mediatica e il conseguente pregiudizio reputazionale, ma soprattutto il rischio che medici, scossi e spaventati, si attivino principalmente per la salvaguardia della loro incolumità, fisica (le aggressioni, nonostante gli ultimi provvedimenti, proseguono) e giudiziaria, attuando comportamenti tipici della medicina difensiva: esami diagnostici cautelativi di tipo preventivo, servizi aggiuntivi non necessari (diretti per lo più a dissuadere dalla possibilità di presentare denunce), astensione da interventi di cura verso pazienti ad alto rischio.
Allora, un ragionevole e ponderato provvedimento legislativo che ridisegni i confini della responsabilità (limitata alla sola colpa grave e accertata attraverso un elenco di indici, di contesto ed emergenziali, che il giudice deve prendere in considerazione) appare in grado di restituire serenità al personale sanitario, nella consapevolezza che allontanare lo spettro della medicina difensiva può migliorare le prestazioni e liberare risorse, valorizzando a pieno il diritto costituzionale alla salute, e al contempo riassegnare alla professione del medico la giusta attrattività, ultimamente oscurata dal timore di troppo facili avvisi di garanzia.



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