Una ricercatrice confronta delle provette mentre lavora alla creazione di un vaccino al King Club dell'University di Washington, Seattle, Stati Uniti (Getty Images)

Continua lo studio sugli effetti dei vaccini per renderli ancora più efficaci

Enrico Bucci

La proteina Spike di SARS-CoV-2, l'antigene alla base della maggior parte dei vaccini in uso, è in grado di causare danni al muscolo cardiaco. Non si tratta di una novità assoluta e non c'è da preoccuparsi per varie ragioni

Un convincente insieme di nuovi dati, appena presentato a Chicago al convegno della American Heart Association, dimostra il modo in cui la proteina Spike di SARS-CoV-2 è in grado di causare danno al muscolo cardiaco attraverso un processo di infiammazione sregolato.

 Da un punto di vista clinico, era già ben noto che il virus può provocare danno cardiovascolare in un numero consistente di soggetti sintomatici, in alcuni casi con conseguenze così gravi da contribuire alla loro morte; in particolare, il rischio di danno cardiaco per tutti i soggetti infettati, anche con sintomi lievi, risulta molto accresciuto.

 Tuttavia, poiché il virus mostra tropismo cardiaco, ovvero tende a colonizzare direttamente il cuore, organo particolarmente ricco del recettore ACE-2, restava da comprendere se fosse solamente il virus a contribuire direttamente ai danni cardiaci, oppure se esistesse qualche meccanismo indiretto attraverso il quale, indipendentemente dall’infezione cardiaca, SARS-CoV-2 fosse capace di provocare danni al cuore.

 Questo meccanismo è cominciato ad emergere a marzo di quest’anno: un gruppo di Bristol, guidato dai due ricercatori italiani Elisa Avolio e Paolo Madeddu, ha descritto il danno ad alcune specifiche cellule del cuore, i periciti cardiaci, attraverso la stimolazione della proteina CD147 da parte della proteina spike. Questo primo meccanismo è importante, perché non dipende dal recettore del virus, ACE-2, e quindi non dipende dal fatto che il virus infetti le cellule cardiache in questione: basta, da sola, la proteina spike.

 Gli ultimi dati presentati a Chicago rinforzano l’esistenza di azioni dannose per il cuore mediate dalla proteina spike, indipendentemente dall’infezione cardiaca vera e propria: il gruppo guidato da Zhiqiang Lin, dell’università di Utica (New York) ha evidenziato con dati robusti come spike sia in grado di attivare la proteina umana TLR4, la quale, a sua volta, controlla l’infiammazione e il conseguente danno cardiaco provocato dal virus. Si tratta di un effetto specifico di SARS-CoV-2 che ne spiega la virulenza, rispetto ad altri coronavirus come NL63: la proteina spike di quest’ultimo, che pure usa ACE-2 come suo recettore, non attiva TLR4 e non è quindi in grado di danneggiare il cuore nel modo suddetto.

 Perché questi lavori sono importanti? Le ragioni sono due: da un lato, perché dimostrano quali sono alcuni dei motivi della virulenza di SARS-CoV-2 (e, considerate le differenze tra uomo ed altri animali, spiegano anche perché tali effetti non si osservano per esempio nei pipistrelli); dall’altro, tuttavia, perché associano effetti dannosi all’azione della proteina spike, che, come sappiamo, è quella che è stata scelta come antigene alla base della maggior parte dei vaccini in uso, e soprattutto di quelli a RNA.

 Prima che i novax di turno si attacchino a questi dati, è bene quindi fare alcune considerazioni, a partire da quella già nota, per la quale il rischio cardiaco associato alla vaccinazione è molto piccolo, e di gran lunga inferiore a quello associato all’infezione anche lieve dei non vaccinati, rendendo favorevole il rapporto rischio/beneficio se si considera che più o meno tutti finiremo infettati.

Questo dato clinico si può comprendere ancor meglio se si guarda ai livelli di proteina spike circolante dopo la vaccinazione con un prodotto a RNA, come Moderna, la quantità trovata è 500-1000 volte inferiore a quella che si osserva dopo infezione.

 Se è vero cioè che la proteina spike circolante è stata associata a potenziali danni cardiaci dagli studi più recenti, cioè, questo non è un buon argomento per opporsi alla vaccinazione, considerato che il virus produce e rilascia in circolo quantità di quella stessa proteina molto più alte (e per un tempo più lungo), senza poi contare gli effetti diretti dell’infezione del cuore, che si addizionano a quelli della proteina circolante.

 Indagando ancor meglio questi meccanismi, inoltre, sarà possibile disegnare vaccini ancora migliori, nel senso che pure i più rari effetti collaterali osservabili potranno essere eliminati introducendo le opportune modifiche nell’antigene utilizzato; e così, oltre ad aver capito un po’ meglio come il virus procura danni pericolosi, avremo capito anche come la nostra migliore arma contro la malattia severa può essere ulteriormente affinata.