cattivi scienziati

"È morto prima di vaccinarsi". Un caso di cronaca minima spiega il bias di correlazione

Enrico Bucci

A Napoli un anziano si sente male e muore pochi minuti prima della somministrazione del farmaco anti-Covid. Ma cosa sarebbe avvenuto se il malore fosse occorso pochi minuti dopo, magari al momento dell’iniezione?

Il 13 febbraio 2021 nella città di Napoli né avvenuto un fatto così riportato in un piccolo trafiletto comparso su una locale testata: “Un anziano è stato colto da un improvviso malore mentre si accingeva ad entrare alla Mostra d’Oltremare per la somministrazione del vaccino anti-Covid, ed è morto poi in ospedale.” La notizia è stata riportata come evento curioso, e fin nel titolo leggiamo che quel signore è morto per un malore. 

 

Appena sopra la soglia di quella che nelle redazioni si chiama “notiziabilità”, come caso sfortunato che si riporta proprio in quanto nonostante sia improbabile, è in realtà accaduto e può dunque colpire il lettore.

 

Un caso, un anziano di 84 anni, direte voi. Eppure, il 14 marzo una donna di 58 anni è morta, sempre per arresto cardiocircolatorio, mentre attendeva di vaccinarsi in Austria, in un centro di vaccinazione di quel paese. Anche qui, la cosa è riportata come aneddoto curioso dalle testate locali.

 

Ma cosa sarebbe avvenuto se il malore fosse occorso pochi minuti dopo, magari al momento dell’iniezione?

 

Lo stesso, identico fatto sarebbe stato immediatamente rilanciato da ogni giornale di questo paese, come sta accadendo per fatti simili in questi giorni. Avvenendo dopo qualcosa contro cui vi è evidente preconcetto, un evento a cui tutti guardano con estrema attenzione, la correlazione temporale appena sfiorata nell’evento reale sarebbe divenuta in questa eventualità un elemento di fortissimo sospetto. In altre parole, se la stessa cosa fosse accaduta pochi minuti dopo la vaccinazione, invece che pochi minuti prima, pur avendo esattamente la stessa radice, pur accadendo esattamente alla stessa persona e in assenza completa di ogni indizio pur remoto di nesso di causalità, per la semplice consecutio temporum sarebbe divenuta un titolo a quattro colonne sui giornali, invece che una curiosità che solo l’esistenza di Internet consente di ritrovare a distanza di qualche tempo.

 

Pochi minuti di differenza avrebbero invertito la sequenza, e la vicinanza temporale con la vaccinazione avrebbe portato il povero vaccinatore ad essere indagato, i giornali a vendere molta più pubblicità grazie alle pagine online e tantissimi a vedere confermati i propri preconcetti. Pochi minuti, e duna mera coincidenza sarebbe diventata una notizia, pur non incidendo minimamente su nessuna statistica degna di questo nome, su nessuna scienza, su nessuna clinica.

 

Ecco: io credo che non ci sia modo migliore di illustrare quanto il bias di correlazione temporale sia fortemente radicato nei nostri cervelli neolitici, fatti per trasformare ogni sequenza temporale fra due accadimenti in una possibile fonte di informazione, soprattutto quando riguarda cose per le quali il nostro interesse è più vivo.

 

Lo stesso identico morto, pochi minuti prima di un vaccino, non significa molto; dopo il vaccino, è ascritto invece ad esso in automatico, quasi che le probabilità di morire per un dato evento cambiassero magicamente se si realizzano prima o dopo l’inoculo.

 

La frequenza di certi eventi, in presenza e in assenza del vaccino, è un concetto alieno al nostro modo di procedere, nonostante la scuola, nonostante la cultura, nonostante, alla fine, il paleolitico sia passato da un pezzo. O forse proprio perché, in realtà, il paleolitico digitale è appena iniziato, ed i nostri cervelli possono ritornare grazie a Internet liberamente indietro, senza il filtro costituito dalle istituzioni culturali e scientifiche, dai ruoli professionali e dalle competenze riconosciute, a quello stato di natura da cui l’evoluzione culturale sembrava averci allontanato.