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Il Foglio salute

L'occasione mancata dall'Europa sui vaccini

Rosaria Iardino

I casi dell’Austria e della Germania e la necessità di sostenere il no profit di AstraZeneca

Siamo di fronte al fallimento di un’unica azione europea al contrasto della pandemia da  Covid-19? Lo strappo dell’Austria alla strategia europea di acquisto e distribuzione dei vaccini anti-Covid ai paesi membri si è dissolta con la volontà del paese di concordare con Israele l’approvvigionamento delle dosi necessarie ai propri cittadini per accelerare la vaccinazione sulla popolazione.  Era inevitabile che partisse la querelle, tra coloro che gridano contro e quelli che pensano in cuor loro che abbiano fatto bene, e va detto che un unico punto di vista non è possibile, perché la situazione va intesa nella sua complessità.  Il Cancelliere austriaco ha semplicemente preso atto di un fallimento della commissaria Von der Leyen: un fallimento che nasce dal potere che hanno le Big Pharma? Questa affermazione farebbe schizzare in cima alla mia lista di gradimento quelle persone che odiano le multinazionali e mentre si preoccupano di lanciare ogni tipo di ingiuria verso queste aziende si curano con i farmaci da loro prodotti; però no, il fallimento non arriva da qui ma nasce dalla ben più grave incapacità di stipulare contratti chiari che non sono consultabili dai cittadini dei paesi membri che, in questa situazione, sono sempre più confusi, spaventati e amareggiati.

 

Un bagno di umiltà da parte della commissaria europea e l’ammissione del fatto che la gestione dei vaccini sia stata guidata dalla politica che arrancava e soffocava nell’impotenza di trovare accordi che avrebbero permesso di non fare precipitare l’Europa nella totale incertezza, sarebbe forse un primo passo per recuperare un minimo di credibilità e guadagnare un poco di fiducia. Quando arriveranno i vaccini, e quanti riusciremo ad averne? Ci troviamo a sperare – sperare! – che i tagli alle consegne dei vaccini non siano troppo elevati, e contestualmente cresce la paura di non farcela, di non arrivare in tempo. Non si può più ignorare il sentimento del paese, ed è ovvio lo sconforto nel vedere che  ci sono altre nazioni che corrono perché a differenza nostra hanno fatto contratti rapidamente con le industrie produttrici e hanno organizzato le vaccinazioni come un piano militare d’attacco. Noi, purtroppo, ci siamo arrivati dopo un anno.
Mi sono riferita in apertura all’Austria, ma che dire della Germania all’interno della quale diversi operatori hanno scelto di non usare il vaccino di AstraZeneca – certo, Pfizer è tedesca – ? Non è anche questo, in una certa forma, nazionalismo e conservatorismo della propria economia? Conosciamo il peso che possono avere tali affermazioni, e sappiamo che Pfizer sta veramente generando profitti sulla pandemia e sulla pelle di tutti noi, profitti non immaginabili.  AstraZeneca è bistrattata ed emarginata e addirittura c’è chi chiede di essere specificatamente vaccinato con un altro vaccino. Nella nostra Italia siamo tutti allenatori la domenica e virologi nei siti vaccinali, ma al di là delle opinioni personali va detto che questo vaccino è quello che costa meno ed è efficace. Certo sconta due problemi: il fatto di voler un po’ farla pagare agli inglesi e l’attitudine di noi italiani di pensare che se una cosa costa meno allora vale meno. E invece è proprio questo vaccino no profit che dovremmo sostenere affinché il vaccino sia un bene globale, un bene a disposizione di tutti proprio perché è un diritto di tutti i cittadini del mondo potervi accedere. Per questo non è l’Austria che ha tradito l’Europa ma è l’Europa che, almeno per quanto riguarda il modo in cui ha costruito i contratti, come ha ricordato anche il Foglio, ha sprecato un’opportunità: far sentire i cittadini orgogliosi della nostra Europa.
 

Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge

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