(foto LaPresse)

cattivi scienziati

Lode agli interferoni

Enrico Bucci

Buone notizie per i sintomi gravi di Covid-19: possiamo identificare e trattare meglio quasi un caso su sei

Esistono momenti in cui, finalmente, la ricerca scientifica fa un po’ di luce su alcune questioni che ci stanno particolarmente a cuore. Uno di quei momenti è arrivato ieri, con ben due lavori pubblicati simultaneamente sulla rivista Science i quali danno una prima risposta alla seguente domanda: perché una minoranza di persone sviluppa una patologia molto grave, una volta infettata da Sars-CoV-2? La risposta, per quasi il 14 per cento dei casi gravi, è nella cattiva regolazione di una famiglia di molecole, al centro della reazione immune al virus: gli interferoni. Si tratta di proteine solubili prodotte dai tessuti e dai globuli bianchi che, durante un’infezione virale, sono in grado di aumentare la risposta dei linfociti T e dei macrofagi, inibire la replicazione virale nelle cellule infette, bloccare la propagazione del virus a cellule adiacenti. Il gruppo del professor Jean-Laurent Casanova, diviso tra la Rockefeller University di New York e l’ospedale Necker di Parigi, ha innanzitutto confrontato il Dna di 659 pazienti a rischio di morte per polmonite Covid-19 con quello di 534 soggetti con sintomi moderati o asintomatici. E’ emerso che 13 geni noti per predisporre all’influenza virale sono pure coinvolti selettivamente nel provocare risposta grave a Sars-CoV-2; tutti questi geni controllano la produzione di interferone 1, e in particolare nel 3,5 per cento dei pazienti con malattia Covid-19 grave si trova che uno o più di questi geni sono mutati, perdendo le loro funzioni e causando quindi una diminuzione del livello di interferone 1 in risposta a Sars-CoV-2. Inoltre, in un secondo lavoro, confrontando campioni ematici di 663 soggetti con malattia lieve o asintomatica con quelli di 987 soggetti con forme gravi di Covid-19, in circa il 10 per cento dei casi si è trovato nel sangue di questi ultimi una forte quantità di anticorpi contro interferone 1, che sequestravano questa molecola e, in vitro, le impedivano di esercitare la sua attività antivirale.

 

Nessuno dei 663 soggetti di controllo aveva questi anticorpi, e solo lo 0,33 per cento della popolazione generale sembra possederli; una frazione che può spiegare una parte importante della letalità e dei casi seri di malattia. Non solo: in proporzione, nello studio si trova che sono particolarmente i maschi ad avere questi dannosi anticorpi contro interferone 1, portando all’ipotesi che in qualche modo la loro formazione sia controllata dal cromosoma X (la cui unica copia maschile, se danneggiata, non può essere vicariata dalla seconda copia che possiedono le donne). Queste scoperte, che pongono l’interferone 1 al centro della malattia grave, hanno delle immediate conseguenze pratiche. Innanzitutto, identificare con semplici test le persone con particolari mutazioni nel proprio Dna o con anticorpi contro interferone 1 è possibile e relativamente semplice; questo consentirebbe di identificare una popolazione a maggior rischio, la quale potrebbe prendere maggiori precauzioni. Inoltre, diventa urgente esaminare il plasma dei pazienti convalescenti somministrato come terapia: potrebbe infatti contenere anticorpi neutralizzanti l’interferone 1, ed in quel caso aggravare, anziché migliorare, lo stato del paziente ricevente. Infine, poiché sono in corso numerose sperimentazioni cliniche che vedono la somministrazione di interferone a scopo terapeutico, si potrebbe priorizzare la terapia per quei soggetti che portano le mutazioni nei 13 geni identificati ed evitare invece di somministrarlo a coloro che possiedono anticorpi contro l’interferone stesso. Insomma: in un sol colpo, possiamo adesso sperare di identificare prima che si infetti o trattare meglio dopo l’infezione quasi un paziente su 6 fra quelli che sviluppano sintomi gravi. Così, un passo alla volta, la conoscenza scientifica dà le risposte che ci servono; ed è questo che cambierà la malattia, anche prima che arrivi un vaccino efficace per tutti.

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