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Roma Capoccia
Dal Colosseo al codice: la Silicon Valley riscrive Roma
La Musk Foundation ha finanziato il progetto "Expandere Conscientiae Lumen”, il cui scopo è valorizzare la storia antica della Capitale attraverso l’utilizzo dell’alta tecnologia. C’è in questa visione una concezione che trascende la storia letta quale maestra di vita e che la rende invece slancio verso il futuro
Il 24 ottobre scorso Elon Musk si è collegato da remoto nell’ambito della presentazione del progetto “Expandere Conscientiae Lumen”, patrocinato da Ancient Rome Live e dall’American Institute for Roman Culture. Il patron di Tesla ha finanziato il progetto con un milione di euro, attraverso la sua Musk Foundation. Alla presenza del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, è stato annunciato il vincitore del bando di gara, il cui scopo è valorizzare la storia antica di Roma attraverso l’utilizzo dell’alta tecnologia. Secondo Musk, infatti, l’intelligenza artificiale potrebbe divenire strumento perfezionato per riscrivere, o se si preferisce per scrivere davvero, quelle parti della storia che ad oggi la mente umana, sovente per carenza di fonti dirette, non sarebbe stata in grado di ricostruire pienamente. C’è in questa visione una concezione che trascende la storia letta quale maestra di vita, o come elemento museale e culturale, un insieme di nozioni statiche, inerti, e che la rende invece slancio verso il futuro.
La passione di Musk per l’antica Roma è ben nota e il magnate l’ha spesso esternata, con atteggiamento tra il devozionale e la cultura pop dei meme. D’altronde è rimasta nella memoria di molti la disfida annunciata contro Mark Zuckerberg e combattuta a suon di post sui social: avrebbe avuto come proprio palcoscenico il Colosseo, in uno slancio di perfetto trolling visionario, e l’afflato talmente surreale aveva colpito anche la fantasia dell’allora titolare del Ministero della cultura. Ma la passione di Musk per l’antica Roma non è isolata alle latitudini della Silicon Valley. Il già citato Mark Zuckerberg ha da tempo eletto a proprio modello Augusto, del quale ha più volte lodato la ferrea saggezza e il fatto che abbia saputo imporre la pace. Non molti, in Italia, sanno che la sorella di Mark, Donna, è una stimata classicista, autrice peraltro di un volume di recente approdato anche in Italia, “Non tutti i maschi bianchi morti. Classici e misoginia nell’era digitale” (SuiGeneris), nel quale affronta la passione strumentale dell’estrema destra digitale americana per la storia romana e greca. Uno dei co-fondatori di Palantir, Joe Lonsdale, ha anni fa fondato un istituto culturale, il Cicero Institute, il cui braccio societario-finanziario prendeva il nome di Arpinum, città natale di Cicerone. Palmer Luckey, di Anduril, ha dichiarato di voler vivificare una Roma antica fatta sorgere dall’uso massivo dell’alta tecnologia. E si potrebbe continuare.
Ma da cosa nasce questa passione che trasforma Roma antica in una sorta di ologramma baudrillardiano, una copia originante da nessun originale, una mitografia scintillante e postmoderna completamente digitalizzata? Se lo chiedono in molti, ormai anche in Europa, da ultimi ad esempio i giornalisti Damien Leloup e Alexandre Piquard di Le Monde che a giugno di quest’anno hanno pubblicato il significativo articolo “Technologia imperatores: Unpacking the tech bros’ fascination with the Roman Empire”. Da un lato c’è una fascinazione individuale, per singoli aspetti della storia romana, o per filosofi o imperatori, con i quali a volte i magnati del Tech finiscono per identificarsi. Dall’altro lato c’è però qualcosa di più profondamente americano: il pensiero dei classici rappresenta un elemento caratterizzante del giovane processo di nation-building statunitense. Chiunque abbia familiarità con la storia dell’indipendenza delle ex colonie e poi con il percorso costituente americano, con il fervido dibattito culturale e istituzionale del tempo, si è imbattuto plurime volte in discussioni, lettere, scritti che attingevano copiosamente al pensiero romano e greco. Questo aspetto ha reso Roma un metro di paragone, uno strumento epistemologico. Abbondano le comparazioni tra questo o quel momento storico romano e la società americana.
Spesso, ad interessare è la caduta di Roma, comparata alla situazione americana. Un classico, a tutti gli effetti, sin dal noto volume di Edward Luttwak “La grande strategia dell’impero romano”, risalente al 1976. Più di recente, Thomas Strunk, nel 2022, ha pubblicato un libro programmatico sin dal titolo “On the Fall of the Roman Republic: Lessons for the American People”, nel quale si leggono sinotticamente le crisi sociali e politiche dell’antica Roma e quelle americane. C’è chi guarda alla decadenza della Repubblica e chi, invece, con afflato interessato, alla maestà dell’impero.
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