Nicoló Rebecchini, presidente Ance Lazio (Valerio Portelli/LaPresse) 

A valle di Milano

Le regole sull'urbanistica e le opportunità. Parla l'imprenditore Nicolò Rebecchini

Marianna Rizzini

“Regole vecchie di 80 anni, così l’Italia si blocca”. Le inchieste rischiano di congelare investimenti e cantieri, ma la finanza guarda altrove. Per il presidente di Ance Lazio servono nuove regole e un patto politico per sbloccare la rigenerazione urbana

Non soccombere al possibile blocco del sistema in tema di urbanistica, cogliere le opportunità, cercare di agire in una situazione in cui è difficile anche solo parlare di nuovi progetti: da Milano rimbalzano i titoli sull’inchiesta che mette l’urbanistica nel mirino, e in tutto il paese, Roma compresa, tra operatori del settore, si ragiona sulla mancanza di tranquillità che potrebbe pregiudicare iniziative future. La grancassa su Milano, al momento, e a monte dei processi, ha già fermato alcuni cantieri e rischia di fermarne altri, in altre città. Su questo sfondo, anche a Roma resta aperta la questione del rapporto tra pubblico e privato. “Se si vuole che il privato aiuti il pubblico”, dice l’imprenditore edile Nicolò Rebecchini, presidente di Ance Lazio e già presidente di Ance Roma, “deve nascere un vero, costruttivo dibattito tra l’amministrazione e i privati proponenti, nel quadro di regole chiare. Sinceramente non credo esista un imprenditore del settore che non abbia un dialogo con la Pubblica amministrazione, ma questo non vuol dire fare cose fuori legge”. Intanto Milano è bloccata, si teme una fuga di investitori. Il mondo della finanza che si interessa al settore immobiliare – e non da oggi – sta guardando anche altrove, ad altre realtà urbane, tra cui quella romana. “Indipendentemente da quello che accade a Milano, potrebbero presentarsi nel prossimo futuro ulteriori opportunità per una città che ne ha già molte”, dice Rebecchini. “Ma la domanda è: Roma è pronta? Sul piano delle regole direi di sì, ma è necessaria una maggiore compenetrazione tra dimensione politica, sociale, sindacale, finanziaria e culturale, e l’abbandono definitivo dell’ideologia, per poter accompagnare e potenziare lo sviluppo della città e la rigenerazione urbana, in sinergia con Comune e Regione”. Ecco, le regole. Regole che, in Italia, per quanto riguarda l’urbanistica, sul piano statale sono ferme a ottant’anni fa. E’ uno dei problemi di cui parlano gli imprenditori riferendosi al caso Milano. “Perché la PA possa agire in questo campo con tranquillità”, dice Rebecchini, “sarebbe necessaria, a livello statale, una legge istitutiva sulla rigenerazione urbana. Oggi invece si fa ancora riferimento a due leggi nazionali che potevano andare bene in un altro momento storico: la legge urbanistica 1150 del ’42 e il decreto ministeriale 1444 del ’68 (che stabilisce limiti inderogabili per densità edilizia, altezza degli edifici, distanze tra fabbricati e rapporti tra spazi destinati agli insediamenti e spazi pubblici, ndr)”. Queste due leggi, dice Rebecchini, “sono state pensate in anni bellici e postbellici per regolamentare l’espansione edilizia in un momento in cui i problemi territoriali erano altri e per dare una soluzione alla ricerca di spazi abitativi. Sarebbe necessario appunto un intervento. Ma, anche mantenendo fermo il quadro normativo, serve a livello statale un’espressione chiara della volontà di investire in questa materia, semplificando. Diversamente, gli enti locali possono trovarsi in difficoltà”. A Milano, come altrove, potrebbe essere successo questo. Ma il punto ora è un altro, a monte dell’approdo in tribunale: i danni si contano già. “Si pensi che per Milano si stimano, in questa situazione”, dice Rebecchini, “circa 30 miliardi di danni, quando per il paese se ne prevedono 38 rispetto ai dazi di Trump. Gravissimo”. Se si vuole evitare che simili situazioni si ripresentino a catena altrove, dicono molti imprenditori e osservatori, si faccia in fretta e si metta mano alle regole sull’urbanistica. Anche perché, se si guarda ad altre grandi città italiane e in particolare alla capitale, si nota, dice Rebecchini, “l’interesse del mondo della finanza per questo tipo di investimenti. Indipendentemente da quello che sta succedendo ed è successo a Milano, ripeto, Roma ha un’opportunità, come altre città d’Italia: ci sono per esempio una serie di input che scaturiscono da necessità legate all’emergenza abitativa per le categorie più deboli, e ci sono zone degradate da riqualificare. I capitali oggi possono arrivare, la città ha energie e capacità. Ci vuole però un patto politico di alto livello che coinvolga maggioranza e opposizione, com’è avvenuto a Milano negli ultimi vent’anni, per dare continuità all’azione amministrativa”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.