
Roma Capoccia
Cinema, rigenerazione e lo "scippo" a Gualtieri: Pd, Avs e M5s contro Rocca
Presentati in Consiglio regionale 5 mila emendamenti contro il dl 171 sull’urbanistica. Non solo sale: cosa fa infuriare le opposizioni
Dal via libera ai cambi di destinazione d’uso sulle sale cinematografiche in disuso da oltre dieci anni al cambio di regole sulla rigenerazione urbana, fino allo scippo di competenze sull’Urbanistica da parte della regione al Campidoglio di Roberto Gualtieri. In Consiglio regionale è scontro aperto tra la maggioranza di centrodestra del presidente Francesco Rocca e le opposizioni sulla legge 171, una proposta di “semplificazione urbanistica” che, invece, per Pd, M5s e Avs è “un pasticcio normativo”. La consigliera regionale del Pd Emanuela Droghei ieri in Aula parlava di un testo “scritto male, confuso e contraddittorio”, bollandolo, senza mezzi termini, come “un mostro normativo che si contraddice, si autosmentisce, sovrappone competenze tra regione e comuni e lascia nell’incertezza gli operatori e i cittadini”. Le opposizioni – Pd, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra – hanno presentato oltre 5.000 emendamenti, con l’esplicito intento di bloccarne l’approvazione. “Il nostro obiettivo – dichiara al Foglio l’ex assessore all’Urbanistica della giunta Zingaretti e oggi consigliere Pd, Massimiliano Valeriani – è che il testo venga ritirato. Questa norma rappresenta un pericolo per l’equilibrio tra sviluppo e tutela urbanistica conquistato negli ultimi anni”.
Sono tre le questioni che preoccupano Pd e soci, alle quali si aggiunge un quarto nodo legato a un emendamento di maggioranza. Il primo punto è l’articolo 1 che consente il cambio di destinazione d’uso in aree agricole, aprendo la possibilità di edificare in zone finora vincolate. “Stravolgono le aree agricole – sostiene Valeriani – rendendo possibile qualsiasi trasformazione, urbanizzando le zone verdi alla faccia dei piani regolatori e dell’autonomia dei comuni”.
La seconda questione riguarda le nuove regole sulla rigenerazione urbana. Secondo Valeriani, la norma “cambia il senso della legge esistente che serve a riqualificare le aree degradate. Invece – dice il consigliere del Pd – qui si fa degenerazione urbana, introducendo premialità eccessive, portando gli aumenti di cubatura dal 20 al 60 per cento, e si consente la demolizione e ricostruzione degli edifici non più nello stesso luogo, ma spostando la volumetria altrove. Questo non è recupero, è consumo di suolo. In questo modo non si fa urbanistica, si fa edilizia”.
Il terzo nodo è la disciplina sul cambio di destinazione d’uso dei cinema dismessi da oltre dieci anni. Una norma che riguarda in particolare Roma, dove le sale chiuse sono 26, di cui 9 nel solo centro storico e che nei mesi scorsi ha generato la mobilitazione di attrici, registi e normali cittadini. “La legge – spiega ancora Valeriani – consente il cambio totale di destinazione d’uso senza vincoli culturali. È chiaro che non sia facile riattivare un cinema fermo da dieci anni, ma la destinazione deve restare culturale. Così invece tutti e 26 rischiano di diventare centri commerciali”.
Sulla vicenda, non è di certo un caso, nei giorni scorsi era intervenuta anche la Soprintendente speciale per Roma del ministero della Cultura, la dottoressa Daniela Porro. Proprio nelle ore in cui la proposta di legge 171 arrivava alla Pisana, era stata lei a inviare una comunicazione ai proprietari dei cinema da lungo tempo abbandonati per preannunciare l’apposizione dei vincoli culturali sulle sale, informandoli dell’avvio dei procedimenti per la dichiarazione di interesse culturale. Ma pochi giorni dopo quegli stessi procedimenti sono stati ritirati in autotutela dalla Soprintendenza. Secondo la consigliera regionale di Fratelli d’Italia Laura Corrotti, a sollecitare il passo indietro sarebbe stato direttamente il ministro della Cultura Alessandro Giuli.
Ai motivi dello scontro tra maggioranza e opposizioni, si è aggiunta anche la proposta contenuta in un emendamento alla legge. L’atto prevede la sottrazione della competenza sulle varianti urbanistiche ai Comuni con più di 50.000 abitanti, inclusa Roma Capitale, per trasferirla alla Regione. Un’inversione di rotta rispetto al 2022, quando una modifica legislativa aveva rafforzato l’autonomia comunale in materia urbanistica. Un bello sfregio al sindaco dem Roberto Gualtieri, ma anche e soprattutto una scelta che appare in contraddizione anche con l’obiettivo – in teoria condiviso da tutte le forze politiche, centrodestra incluso – di attribuire a Roma maggiori poteri istituzionali. Pd, M5S, Avs e Iv hanno definito l’emendamento “un grave passo indietro” e “un danno amministrativo”, parlando di “scelta regressiva” e “impostazione centralista” che rischia di riportare indietro di anni la governance territoriale.