A Roma l'unico stadio (per ora) è una mostra al Maxxi

Gianluca Roselli

Dagli anfiteatri antichi agli impianti ultramoderni: inizia oggi  un viaggio tra architettura, storia e mito

Cade proprio al momento giusto questa esposizione, dato che siamo alle battute finali per l’inizio della costruzione del nuovo stadio della Roma, in quel di Pietralata, appena gli agronomi decideranno a suon di perizie se quell’area verde è un bosco oppure no. Per non parlare del fatto che in questi giorni ricorre il quarantennale della tragedia dell’Heysel, strage in cui qualche responsabilità ebbe la fatiscenza dell’impianto di Bruxelles. Questa sera al Maxxi, ma aperta al pubblico da domani, si inaugura “Stadi. Architettura e mito”, curata da Manuel Orazi, Fabio Salomoni e Moira Valeri. L’esposizione racconta l’evoluzione architettonica degli stadi dall’antica Grecia a Roma (con il Colosseo), passando per gli anni bui e la rinascita in epoca illuminista con l’Arena civica di Milano e lo Sferisterio di Macerata, fino a diventare architettura globale con il calcio, con impianti sempre più avveniristici e architettonicamente avanzati. Fotografie, disegni, modelli, grafiche raccontano il cammino di queste arene sempre più protagoniste dell’urbanistica delle città. “Gli stadi sono diventati grandi teatri di massa, è l’unico edificio concepito per mostrare e per mostrarsi, dove lo spettatore è parte dello spettacolo, come dimostrano le coreografie dei tifosi per le loro squadre”, osserva Manuel Orazi, uno dei tre curatori, docente di storia dell’architettura e della città. 


Interessante è vedere la conformazione storica di quelli inglesi, senza pista di atletica e rettangolari, come il campo da gioco. In Italia sono invece nate le curve, forme completamente diverse hanno poi le arene per baseball e cricket, quelle per il football americano, per non parlare degli impianti per il tennis, assai più piccoli. “La tendenza degli ultimi anni è quella degli stadi di proprietà delle singole squadre. Da noi ce ne sono ancora pochi (Juventus, Atalanta, Venezia, Sassuolo, ndr), ma aumenteranno, perché, nonostante capolavori come San Siro o Firenze progettato da Pier Luigi Nervi, abbiamo impianti sempre più vecchi e fuori norma. Ogni città ha un progetto per un nuovo stadio”, racconta Orazi. Le nuove costruzioni da noi si portano dietro polemiche di ogni tipo, ma all’estero non è così: Wembley a Londra è stato buttato giù e ricostruito e ora c’è un progetto per rifare l’Old Trafford del Manchester United. E le speculazioni? “Nel mondo non c’è una regola precisa: il Santiago Bernabeu è incastonato perfettamente all’interno di Madrid, mentre lo Juventus Stadium a Torino sta in periferia. Non ci vedo nulla di male se attorno a uno stadio nasce un nuovo quartiere: è normale che chi lo costruisce vuole fare anche “real estate”, come accade in America, e ci vuole guadagnare. Pietralata è una periferia centrale, vicina alla Stazione Tiburtina, che diventerà la nuova porta della città”, sostiene Manuel Orazi. 


Lo stadio diventa poi luogo globale: c’è l’evento sportivo ma anche quello musicale, con i grandi concerti. E i nuovi impianti di proprietà vengono affittati per eventi aziendali, convention, matrimoni e pure funerali. Ci sono studi di architettura ormai specializzati in arene, come l’inglese Populous, ma in Italia abbiamo fatto scuola con il già citato Nervi (autore pure del Flaminio), Vittorio Gregotti e Massimo Majowiecki. A scorrere le immagini della mostra, tra gli stadi più avveniristici c’è Braga (2004) nel nord del Portogallo, Bordeaux (2025) in Francia, il rifacimento del Bernabeu (2014) a Madrid e l’Allegiant Stadium a Paradise (Las Vegas), interamente coperto, dove si è giocato il Super Bowl nel 2024. Ma pure Qatar e Arabia Saudita non scherzano. Fino al 26 ottobre al Maxxi. 
 

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