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Roma Capoccia

Storia di Piazza Venezia, fatale per le folle oceaniche (e il traffico)

Manuel Orazi

Prima del cantiere tutti si lamentavano che i cantieri della metro non si fanno, ora che il cantiere è partito, ci si lamenta dei disagi portati dalla chiusura ai pedoni del lato di Palazzo Venezia

Poche piazze sono più congestionate in Italia della Piazza Venezia romana. Quando non c’era il cantiere, cioè prima di ottobre, si è sempre fatta enorme fatica ad attraversarla a piedi, la quantità di auto, taxi, bus, motorini e ora anche monopattini è tale che si salta come in un campo minato verso la decina di fermate dell’Atac, mentre attorno al Vittoriano svoltano colonne automobilistiche dirette al Colosseo o alla stazione Termini. Non è un caso che proprio qui, su una pedana messa al centro del trivio fra le vie del Plebiscito, del Corso e Battisti, nel 1956 Mauro Bolognini abbia girato Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo con Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Peppino De Filippo e Gino Cervi, tutti pizzardoni anticipando il più noto Il vigile di Luigi Zampa.

Prima del cantiere tutti si lamentavano che i cantieri della metro non si fanno, con l’incredibile proposta di Virginia Raggi che nel 2019 voleva metterci una pietra sopra lasciando sepolta per sempre la talpa (Tbm, Tunnel Boring Machine) che aveva cominciato a scavare tra la zona dei Fori e appunto la futura stazione di piazza Venezia. Ora che il cantiere è partito, ci si lamenta dei disagi portati dalla chiusura ai pedoni del lato di Palazzo Venezia. Cosa c’è di più democratico di un cantiere per smorzare la retorica che da sempre aleggia su questa piazza fatale?

All’inizio del ‘900 aveva ottenuto una configurazione più regolare grazie alla costruzione del neomedievale Palazzo delle Assicurazioni Generali, simmetrico a quello di fronte, su progetto di Giuseppe Sacconi, l’architetto e conte marchigiano autore anche del Vittoriano: entrambi vennero inaugurati nel 1911, dopo la sua morte grazie al suo allievo Guido Cirilli – altro marchigiano. A causa della simmetria e la retorica dell’Altare della Patria, Bruno Zevi detestava questa piazza e nel 1986 arrivò addirittura a indire un “processo” al Vittoriano dove prendeva le parti del pm, avendo come obiettivo ultimo la sua demolizione con l’accusa di “Estraneità e sopraffazione sulla città circostante”, mentre l’avvocato difensore era Federico Zeri che nello stesso anno scrisse una gustosa prefazione al vecchio saggio di Carlo Dossi, I mattoidi, al primo concorso pel monumento in Roma a Vittorio Emanuele II, che nel 1884 aveva passato in rassegna tutti i progetti più assurdi pervenuti al concorso.

Piuttosto potrebbe essere l’occasione per riscoprire il lato meno battuto della piazza, quello intorno alla Colonna Traiana dove stanno le incerte chiese di Santa Maria di Loreto e del Santissimo Nome di Maria al Foro Traiano, la prima attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane e terminata alla fine del ‘500 da Giacomo Del Duca, allievo siciliano di Michelangelo che qui nei paraggi aveva la sua casa, in via Macel de Corvi, prima che venisse demolita alla fine dell’800. In generale, visto che oggi un’altra giunta rossa si torna a parlare di pedonalizzazione, bisogna ricordare come questo fosse stato già impostato quarant’anni or sono delle giunte rosse di Argan e Petroselli. Stavolta però, per poter finalmente quagliare, sarebbe forse il caso di andare per gradi e con un po’ di sano realismo lasciando stare via dei Fori imperiali, cominciando piuttosto a mettere le mani nelle strade circostanti che affacciano in piazza Venezia.

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