Roma Capoccia

Roma criminale non era glamour ben prima di Suburra

Andrea Venanzoni

Il fascino dell'illegalità, spesso rappresentato nei media, si scontra con la dura realtà che "il crimine non paga". E a raccontarlo sono i casi di cronaca di Ottorino Addis e Paolo Frau, avvenuti negli anni '90

La mano aperta quasi a voler salutare il cielo, lembo lattiginoso che si apre sopra il cadavere. E quella grossolana aureola di sangue, piombo e asfalto a incorniciare occhi che non vedono più. I lampeggianti irrorano di vivido blu lo sguardo attonito di pochi passanti, mentre i clienti della pizzeria di Ostia, che se ne stava all’epoca proprio davanti la caserma della Guardia di Finanza e da cui era uscita la vittima prima di finir crivellata dai proiettili, fingono indifferenza perché sanno fin troppo bene che curiosare non sarebbe del tutto salutare. E’ l’otto marzo, festa della donna, del 1996. Ma ormai c’è poca voglia di festeggiare. Eppure non è una novità, perché pochi mesi prima, sempre in quella strada, sempre quella stessa persona, era stata gambizzata. Un pesante avvertimento, evidentemente non ascoltato. La vittima è Ottorino Addis, un passato prima nel terrorismo spontaneista di destra, nei Nar, e poi convertito al narcotraffico, sulla scia della Banda della Magliana e delle famiglie siciliane trapiantate a Roma.

Ostia in quegli anni è una roccaforte di approdo e smistamento di colossali quantitativi di eroina, una fabbrica geopolitica di un “Amore tossico” che cessa di essere celluloide e si fa carne, vene sminuzzate e piombo, in una ragnatela di interessi, alleanze e faide. Il potere glamour di discoteche, bella vita, narco-romanticismi iconizzati dal profluvio di film e romanzi e reportage venuti anni dopo si infrange contro la reale consistenza del mantra “il crimine non paga”. Buttato là, velocemente, uno che finisce ammazzato a coltellate nei vespasiani dopo però aver pronunciato la sua furiosa battuta sul fatto che gli imperatori non pagano i loro debiti. Generazioni che si elevano nel solco di una commistione tra James Dean, influencer di YouTube e Twitch, serie televisive sul crimine ed Eliogabalo, la dissolutezza di vite da cui è bandito il lavoro, inesistente la fatica, la lentezza, e tutto si brucia nel qui e ora, anzi nel qui e subito.

Ma “il crimine non paga” non significa fare la bella vita con la teorica, filmica possibilità di essere ammazzati, come se quello fosse l’esito di un donchisciottesco duello esistenziale dopo una vita di agi e di neon. È più pragmaticamente, la fanghiglia dentro cui sguazza la sagoma annerita di un altro cadavere, colpito da due proiettili al volto e una seconda raffica in faccia, in via Francesco Grenet, sempre a Ostia. E’ Paolo Frau, uno degli esponenti della batteria testaccina della Banda della Magliana. Nonostante quello che uno potrebbe pensare sul potere, la bella vita e la fuga dalle responsabilità di una esistenza borghese, passa le sue giornate a far cadere monetine sul palmo dei clienti di un multisala, sorta di obolo di Caronte al contrario, specchio del suo proprio destino: ne gestisce il parcheggio, e dal bordo di un camper usato come ufficio e abitazione per il giorno, consegna i gettoni per far sollevare la sbarra. Non c’è alcun potere, alcun romanticismo, c’è solo una vita ai margini, spesa nella paranoia di un giorno eterno che potrebbe essere l’ultimo, una sofoclea fuga senza luoghi dove insediarsi e dove rimanere, in cui ogni fruscio potrebbe essere quello sbagliato. “Il crimine non paga pè nessun motivo, primo perché t’aresteno”, a dirlo, dopo aver aggiunto poi la seconda alternativa, quella degli “alberi pizzuti”, cioè del cimitero, è Tommaso Marsella, autorità criminale del Tufello e della Roma criminale che si sarebbe coagulata nella Banda della Magliana. Leggete il volto, la prossemica, l’abbigliamento di questo ormai vecchietto, immortalato in due video presenti sul canale YouTube di Simone Cicalone, con Mattia Faraoni, in cui lo intervistano. 

I round, così Marsella con gergo pugilistico si riferisce alle tornate di carcerazione, un totale di 37 anni dietro le sbarre. Il primo arresto nel 1968. Le partite a carcere con le Brigate Rosse a Trani.
Non c’è nulla di mitizzabile, nulla di pop o di glamour in questo uomo che ha spezzato la sua vita, che ha pagato finendo ai margini di una esistenza: guardatelo parlare, lo sguardo da reduce di un’epoca infranta, e sentirete il grigiore di borgate e di giovani che invece confondono la violenza del crimine con i fotogrammi di una serie televisiva.

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