Roma Capoccia

Guerra alle paninoteche: i comitati scendono in piazza

Gianluca De Rosa

La delibera del Pd consentirà l’apertura di nuove gelaterie, pizzetterie e friggitorie varie. Scoppia la protesta

Loro promettono: “Lunedì saremo in piazza del Campidoglio per farci sentire”. Lui assicura: “Non hanno capito, la verità è che con questo provvedimento stiamo salvando il centro storico”. Nonostante un tentativo di colloquio avvenuto la scorsa settimana, prosegue il braccio di ferro tra Andrea Alemanni, influente consigliere Pd e presidente della commissione capitolina Commercio, e i comitati di quartiere del I e del II municipio, uniti sotto l’egida della rete di associazioni “Per una città vivibile”. La protesta è attesa per lunedì alle ore 18 sotto palazzo Senatorio. Simona Marcellini, esponente del comitato, denuncia la “liberalizzazione per kebabbari, pizzerie al taglio e hamburgerie” nel centro storico. Alemanni, invece, al Foglio assicura: “Non è così, con il nuovo regolamento introduciamo regole ancora più stringenti sui minimarket”. Cerchiamo di capire bene questa storia.


Il prossimo 31 maggio scadrà la validità di una delibera dell’Assemblea capitolina del 2019 (la 49) che aveva introdotto un divieto assoluto di “apertura di attività commerciali e artigianali alimentari” all’interno del sito Unesco, e cioè il centro storico, (Trastevere compresa), più l’area intorno al Vaticano e quella vicina alla basilica di San Paolo. La delibera inoltre estendeva la sua validità anche a San Lorenzo e Ponte Milvio, altri quartieri colpiti dalla movida. In assenza di nuove regole insomma anche i tanto temuti minimarket avrebbero potuto ricominciare a proliferare. Per questo, nelle scorse settimane, Alemanni ha provveduto alla redazione di un nuovo regolamento che dovrebbe arrivare settimana prossima in Assemblea capitolina. Nella nuova delibera è prevista espressamente l’estensione “per ulteriori tre anni” del divieto di apertura di “attività alimentari (tipo minimarket ndr) e per la vendita di souvenir” mentre viene eliminato il divieto “per i laboratori artigianali”, dunque pizzerie al taglio, gelaterie e rosticcerie. La ragione è contenuta all’interno di un report redatto dal dipartimento Sviluppo economico del Campidoglio che analizza e confronta, calcolando le variazioni intercorse nel tempo, i numeri delle attività alimentari tra il 2017 e il novembre del 2022. In controtendenza rispetto al resto della città, a seguito delle regole introdotto nel 2019, nel sito Unesco gli esercizi di commercio alimentare e i laboratori, come gelaterie e pizzerie al taglio, si sono ridotte da 7.648 a 6.771, circa l’11 per cento in meno (nel I Municipio questa riduzione è addirittura del 20). In particolare, è stata evidenziata una diminuzione rilevante delle attività di vicinato alimentare (-15 per cento, da 3.235 a 2.761) e dei laboratori artigianali alimentari (- 37 per cento, da 1.843 a 1.163). Nel I Municipio sono invece aumentate  le attività di somministrazioni: bar e ristoranti sono cresciuti del 13 per cento, passando da 2.725 a 3.079. Questo sì, un aumento che dovrebbe fare riflettere sia gli amministratori, sia chi legittimamente oggi protesta.  

 

E’  comunque nella forte diminuzione dei laboratori la ragione che ha condotto Alemanni a cancellare il divieto, introducendo però alcune regole. Dice il consigliere dem: “Chi aprirà una pasticceria, un forno, un laboratorio di pasta fresca, perché queste sono le fattispecie, dovrà essere un imprenditore serio con la possibilità di investire in un locale di almeno 80 metri quadrati”. Insomma, non sarà possibile affittare locali minuscoli per aprire, ad esempio, una gelateria. Ma il divieto solo sulla metratura non convince comunque i comitati. Innanzitutto, sempre per una questione di numeri. “Perché – dicono – se è vero che densità media delle attività commerciali alimentari nel quinquennio è scesa, è pur sempre da 12 a 14 volte quella media della intera città, a fronte di un indice auspicato che non dovrebbe essere superiore a 5”. Dice ancora Marcellini:  “Gualtieri parla della città dei 15 minuti, ma poi  fa delle regole che porteranno a nuove aperture di attività in un centro già saturo, lasciando invece desertificati quartieri dormitorio che ne avrebbero davvero bisogno”. Resta un vero mistero quello della somministrazione. Nel centro città sono concentrati il 17 per cento di bar e ristoranti della città, ma su questo i divieti sono più complicati e non hanno impedito nel quinquennio una incredibile proliferazione.