Foto Ansa

Roma Capoccia

Dove vanno gli abiti usati che si gettano? Non agli indigenti. E' un bel business

Gianluca Roselli

I cassonetti gialli per i vestiti usati non hanno intento solidaristico: i capi messi meglio “sono avviati alla commercializzazione e alla vendita”, gli altri vengono smaltiti oppure ne viene recuperato il materiale

Sembra non avere pace la questione dei cassonetti gialli in città, quelli per la raccolta dei vestiti usati. Scaduto il bando con le società che hanno gestito la raccolta nell’ultimo triennio, Ama, che è proprietaria dei cassonetti, aveva da poco indetto un nuovo bando che però ora è stato ritirato. Bando per 4 società per la raccolta nei 1.500 strutture distribuite nei 15 municipi (divisi in 4 lotti) che aveva suscitato le proteste dei partecipanti. “Innanzitutto i prezzi sono considerevolmente inferiori a quelli delle gare precedenti. Poi è stata inserita la manutenzione dei contenitori, che è assai costosa perché molti versano in cattive condizioni”, spiega una fonte tra le aziende partecipanti. “Inoltre Ama ha fissato un punteggio molto alto sfavorendo così le coop sociali, che hanno all’interno del personale anche persone svantaggiate”, prosegue la nota. In tanti si sono lamentati, comprese alcune forze politiche, come il M5s, che nei giorni scorsi aveva attaccato il bando. Poi è arrivato il ritiro. “Avevamo ragione noi: il bando di gara era pieno di inesattezze, errori, criticità. Ora ci auguriamo che venga rifatto da capo a piedi secondo criteri di trasparenza ed efficienza”, dice il consigliere pentastellato Daniele Diaco.

   

La storia dei cassonetti gialli a Roma è assai tormentata. Una vecchia società, la Trash, li ha gestiti per anni senza alcun contratto con Ama. Poi c’è stato il coinvolgimento nell’inchiesta “mafia capitale”. Infine il servizio è stato interrotto per due anni dopo gli scandali e ripreso nel 2018. Gli abiti dismessi non vanno alle persone in difficoltà o agli indigenti, come molti pensano. Non c’è alcun intento solidaristico: i capi messi meglio “sono avviati alla commercializzazione e alla vendita” (60%), ovvero si potranno ritrovare sulle bancarelle dei mercati e nei negozi vintage. Gli altri vengono smaltiti (5%) oppure ne viene recuperato il materiale (35%).

 

Insomma, gli indumenti sono trattati come gli altri rifiuti: vetro, carta, plastica. E il giro di denaro fa gola a molti. “Nel corso del 2022 sono state raccolte oltre 6.600 tonnellate di indumenti usati e dalla valorizzazione di questi materiali l’azienda negli ultimi 3 anni ha realizzato fatturati per circa 5 milioni e 425 mila euro”, fa sapere Ama. I cassonetti sono dotati di meccanismo anti intrusione e le fasi della raccolta sono monitorate. Suscitò scalpore, qualche tempo fa, l’immagine di un bimbo rom che, con l’aiuto di una donna, vi rovistava dentro, rischiando la vita.

Di più su questi argomenti: