Foto tratta dalla pagina Facebook della Pasticceria Bompiani

A Tor Marancia c'è una pasticceria d'autore che addolcisce la periferia

Gianluca Roselli

Walter Musco, pasticciere e titolare della caffetteria-pasticceria Bompiani, ha venduto orologi, si è laureato in Scienze Politiche, ha aperto una galleria d’arte in Via Giulia: “Nel 2019 abbiamo fatto dieci anni”

Roma. Chi l’ha detto che una torta non può essere arte o letteratura? A vedere le creazioni di Walter Musco, pasticciere, titolare della caffetteria-pasticceria Bompiani (a largo Bompiani), le due cose vanno benissimo insieme. Per esempio, la torta Action Painting, ai tre cioccolati, con schizzi di colore ispirati a Jackson Pollock. O la Dona Flor, ispirata al romanzo Dona Flor e i suoi due mariti di Jorge Amado. Un omaggio al Brasile, con cioccolato valrhona e noce pecan. O la Bauhaus, al lampone e pistacchio, con forme geometriche che richiamano il movimento architettonico tedesco degli anni 20. In passato c’è stato anche un omaggio a Villa Malaparte: torta arancione come la futuristica abitazione dello scrittore a Capri, con pomodoro, mozzarella e basilico. E pure Bloc de Foie Gras, ispirata ai blocchi dell’artista Joseph Beuys. La Sakura, invece, rossa con foglia bianca, rimanda alla fioritura in Giappone. La Fluo, con limone e timo, è un omaggio a Michelangelo Antonioni. Non manca il tiramisù, senza savoiardo, e il profiterol, con i bignè spruzzati di polvere d’orata. Attenzione, però, se pensate di essere entrati in una galleria d’arte invece che in pasticceria, vi sbagliate di grosso. “Da me il classico cornetto semplice o alla crema (ne fa 13 varianti, ndr) non mancherà mai. Così come il maritozzo alla panna, il diplomatico, il cannolo. Quello cui i romani sono abituati, compreso il cabaret di pastarelle per il pranzo della domenica. Poi, però, c’è tutto il resto”, afferma Walter Musco.

   

Quarantasei anni, prima di diventare pasticciere ha venduto orologi, si è laureato in Scienze Politiche, ha fatto il ricercatore in Diritto internazionale, ha aperto una galleria d’arte in Via Giulia. Poi l’incontro con la cucina: da Antonello Colonna, da Angelo Troiani. Per un po’ ha fatto pure il cuoco a domicilio. “Nel 2009 mi hanno proposto di rilevare questo locale. Un anno per vedere come funzionava la gestione di un bar, poi ho rivoluzionato tutto, a partire dal caffè (c’è un maestro del caffè, ndr), e sono partito con i miei dolci. Nel 2019 abbiamo fatto dieci anni, tra bancone e laboratorio ho 16 dipendenti, tutti assunti con regolare contratto…”, tiene a precisare Walter.

   

Il quartiere, per un posto così sofisticato, non è dei più facili. Siamo al confine tra Ardeatino e i lotti popolari di Tor Marancia, dietro la Colombo. “All’inizio venivano drogati e prostitute. Poi, alzando la qualità, si sono alzati un po’ anche i prezzi e il livello dei clienti è salito”. Se fossimo a Roma Nord, ci sarebbe la fila fuori. Ma il successo c’è anche qui, pure se qualcuno storce il naso per i prezzi più alti del solito bar. “La pasticceria è difficile perché, a differenza della cucina, non hai margine di errore, non puoi sbagliare niente, io mi ci trovo forse perché sono del segno della vergine: preciso e pignolo. L’intuizione per un dolce mi può venire da un romanzo, un film, un quadro, un viaggio. Poi devi sviluppare l’idea, vanno trovati gli ingredienti giusti, a volte ci vogliono mesi. Rivendico il diritto di poter usare tutto: il basilico, l’olio, il pomodoro…”.

 

Tra le ultime creazioni, la torta “pesche al vino” e quella “fragole e champagne”. “Ora sto pensando a qualcosa col caviale, lo vorrei abbinare ai cioccolati bianchi…”. Qual è il segreto della torta perfetta? “Non esiste. Ci vuole amore e passione. Un po’ di cultura non guasta. Ma spesso un dolce è legato a un ricordo, magari d’infanzia. Per te la torta perfetta magari è quella che ti faceva la nonna quando andavi a trovarla da piccolo, perché quel sapore ti scatena un’emozione. Il più delle volte il dolce si compra per essere regalato, per portarlo a un pranzo o a una cena. Per questo dev’essere sempre un po’ speciale…”.

 

E l’overdose di chef in tv? “Immondizia pura, gente magari anche brava che per avidità rovina tutto quello che ha costruito nella vita. E’ spettacolo televisivo, non cucina, è come se a scuola si studiasse solo sui bigini e non sui libri. I grandi chef non vanno in tv, non ne hanno il tempo: Massimo Bottura, Massimiliano Alajmo, Nadia Santini, Alfonso Iaccarino…”.

 

E in Italia come si mangia? “Mediamente bene, meglio che in Francia. Dove però si beve meglio, molto meglio che in Italia…”. A Natale fa il panettone. E a Pasqua le sue uova potrebbero stare al Moma.

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