Ma voi avete mai provato a buttare una pila a Roma?

Gianluca De Rosa

L'esperienza surreale di cercare un mastello “gettapile” nel centro della Capitale

Roma. In centro la ricerca di un mastello “gettapile” può trasformarsi rapidamente in un viaggio surreale. All’inizio però l’operazione non pare poi così difficile. Basta andare sul sito dell’Ama e, appena trovata l’apposita sezione “Pile esauste”, cliccare sul proprio municipio e, voilà, ecco la lista di dove andare a buttare le nostre batterie. Peccato che tra ciò che si legge e la realtà ci sia più di qualche differenza. Nel I municipio moltissimi raccoglitori si trovano in sedi istituzionali. Si va dal Gabinetto del Sindaco a sedi distaccate di Banca d’Italia e Presidenza del Consiglio. E l’effetto è comico. “Scusi è possibile gettare qui le pile usate?”, proviamo a interloquire con il vigilante fuori dal Palazzo Koch, sede della Banca d’Italia. Sorriso bonario: “Guardi qui possono entrare solo i dipendenti, credo che i raccoglitori ci siano, ma forse è meglio che prova a cercare da un’altra parte”.

 

Non va diversamente fuori dalla sede della presidenza del Consiglio di via della Mercede.

 

Non disperiamo però, ci sono le scuole, la voce più ripetuta nell’elenco dei luoghi di raccolta. Peccato che da Monti a Primavalle, passando per Prati e la Balduina, gettare le batterie nei plessi scolastici sia possibile solo teoricamente. Sono gialli, rossi, bianchi, cilindrici o modellati come cassette delle lettere, i contenitori per le pile esauste scandiscono con forme e colori le diverse dirigenze che hanno amministrato Ama, ma tutti sono ormai in disuso. Nascosti nei gabbiotti delle portinerie o dietro ai cespugli dei cortili. Giovanna Graffeo, cinquantanove anni, capelli corti (bianchi e fucsia), bidella dell’Istituto tecnico Albert Einstein di Primavalle racconta: “Un tempo la gente veniva apposta qui, ci portava anche le batterie delle automobili. Ogni tanto l’Ama passava a svuotare il raccoglitore, ma sono quasi dieci anni che non viene più nessuno”. Ed in effetti a guardare proprio fuori dall’edificio questo aggeggio di metallo bianco, mezzo scassato e pieno di polvere e ragnatele, l’effetto è quello desolante delle poche cabine telefoniche che capita ogni tanto di vedere all’improvviso camminando per la città.

 

Per fortuna però non ci sono solo le sedi istituzionali e le scuole. Sul sito di Ama sono segnalati anche diversi negozi: tabaccai, ferramenta, elettricisti, negozi di lampade, insomma chiunque venda batterie.

 

In via dei Serpenti c’è la “Bottega Elettrica”, un negozietto particolare zeppo di lampadine, cavi elettrici colorati e lampadari in quantità che penzolano dal soffitto. Fieramente un adesivo all’ingresso segnala “Qui si vendono pile Duracell”. Si vendono appunto. Perché portarle indietro non è possibile: “E’ assurdo lo so – dice con un po’ d’imbarazzo Diego Battilomo, sessant’anni anni, titolare del negozio – il raccoglitore per gettarle che avevo serviva tutto il quartiere, ma poi Ama lo ha portato via. Ragioni di sicurezza mi hanno spiegato”. Sarà la vicinanza con la Banca d’Italia? Perché allora di fronte alla bottega ci sono tre cassonetti. I terroristi preferiscono le batterie?

 

E quello che è successo al negoziante di Monti, alla Balduina è accaduto anche a tanti altri. La proprietaria di “MetroPhoto” su viale Medaglie d’Oro racconta: “Il cassonettino si era rotto, avevano promesso di portarmene un altro, ma sono passati due anni”.

 

Poco più in là un ferramenta, anche lui scippato del raccoglitore da Ama. S’è ingegnato e ha messo una scatolina di cartone dentro al negozio. “Quando la riempio chiamo l’Ama. Ci mettono molto, ma alla fine arrivano”.

 

E dire che a Roma dovevano sorgere addirittura i centri di riuso per pannolini e materassi. Lo prevedeva il piano del Campidoglio per la gestione dei materiali post consumo, più prosaicamente i rifiuti, predisposto dall’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari.

Di più su questi argomenti: