La pinacoteca di Brera (LaPresse) 

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Il ritorno a casa a Brera di una chicca del Rinascimento

Maurizio Crippa

Sono le cinque tavole che Bernardo Zenale dipinse tra il 1500 e il 1502 per ornare la cantoria dell’organo di Santa Maria di Brera. Grazie al mecenatismo: i proprietari hanno deciso di donarle alla pinacoteca in ricordo della madre

Gli angeli musici e gli angeli cantori sono tornati a casa, con le loro viole da gamba e i liuti, con le loro guanciotte di putti piene di canto. Musica per gli occhi. Angeli e musici sono tornati a casa, cioè a Brera, alla fine di una lunga storia, perché “ogni quadro ha una storia unica da raccontare”, come dice James Bradburne. E sono tornati a casa perché esiste, cambiando modi ma non intenzioni, quella cosa nobile e importante che è il mecenatismo. 

 

Sono le cinque tavole – due sono andate disperse – che Bernardo Zenale dipinse tra il 1500 e il 1502 per ornare la cantoria dell’organo di Santa Maria di Brera: una cantoria tra le più belle e importanti del Rinascimento, che meritò l’encomio persino di Vasari, dentro a una chiesa tra le più importanti e belle di Milano, che ora non c’è più perché l’Ottocento aveva fretta “di portarci in una modernità che duecento anni dopo per noi è già antichità”, chiosa con la sua ironia anglosassone Bradburne. Ma la storia vale la pena raccontarla, perché questo ritorno a casa è una delle cose più importanti di questa “ripartenza” milanese. E perché la “Cantoria” del messer Bernardo vale una visita, non appena la Pinacoteca di Brera riaprirà con minori restrizioni di spazi (ad esempio questa magnifica sala X del Rinascimento lombardo), dal 6 luglio. E perché c’è “un dono” da raccontare. 

 

Nella contrada detta “Braida”, cioè terra incolta, si insediarono nel Duecento gli Umiliati, ordine riformato e dedito al ben fare e ben lavorare, che presto misero su convento e chiesa, e acquisirono sempre più ruolo e ricchezza in città. Finché, al culmine o quasi della loro storia, la chiesa di Santa Maria di Brera divenne una delle meglio frequentate e decorate, ci dipinsero il Luini e il Foppa e il Bramantino, e venne poi la necessità di decorare la cantoria e l’organo. Zenale, che era in stretti rapporti con Leonardo, era in quegli anni al culmine della sua ascesa. Assieme a lui lavorò Bramantino, per le ante dell’organo che destarono meraviglia ma che ora sono scomparse. Perché nel 1571, dopo una vera e propria guerra tra il (contro)riformista Carlo Borromeo e i troppo potenti, e poco obbedienti, Umiliati, l’ordine fu sciolto. La cantoria fu smontata e venduta alla chiesa di San Francesco Grande, che ora non c’è più neppure lei: al suo posto c’è la caserma di largo Gemelli. Gli angeli musicanti di Zenale iniziarono a peregrinare di collezione privata in collezione. E non per la loro, indubbia, bellezza, quanto perché per molti secoli l’influsso leonardesco fu scambiato per firma autentica del Genio.

 

L’ultima famiglia ad averle possedute è la famiglia Sormani Andreani, che le conservava nella bella villa di Lurago nel comasco. E qui entra in scena il mecenatismo. Antonella e Guglielmo Castelbarco, i proprietari, hanno deciso di donare le cinque tavole alla Pinacoteca nazionale per onorare il ricordo della loro madre, Luisa Sormani Andreani Verri, morta nel 2020, che per lunghi anni aveva riflettuto sulla necessità, etica e culturale insieme, che un tale patrimonio artistico fosse messo nella disponibilità della collettività, e nelle mani di un museo pubblico. I figli hanno realizzato il desiderio, con l’aiuto, oltre che di tutto lo staff di Brera, della curatela scientifica dello storico dell’arte Alessandro Morandotti e di Cristina Quattrini, curatrice del volume “La musica degli angeli. Bernardo Zenale e la cantoria di Brera. Un dono, un ritorno” (Marsilio).

 

C’è un bel documentario, arricchito di schede e contenuti virtuali, già disponibile su BreraPlus: il portale digitale (“il canale Netflix di Brera") che ha già oltre 35 mila utenti e a cui si può accedere con la Brera Card. In pratica, una formula di abbonamento che sostituisce il biglietto per l’ingresso fisico e mette a disposizione i contenuti digitali originali prodotti da Brera.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"