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Preghiera

L'idea che lo stato possa proibire una droga può avere pericolose conseguenze

Camillo Langone

"Dicono che la vendita sia illegale, eppure può essere sviluppata ovunque" (Orwell, 1938). Se tante persone vogliono farsi delle canne, chi siamo noi per vietarglielo? Un divieto simile, tra l'altro, rende concettualmente possibile che un giorno venga proibito il vino 

"La droga araba chiamata kiff si ricava dalla canapa e si aspira da lunghe pipe di bambù con la testa di terracotta. Questa droga profumata di erba bruciata. Il sapore è sgradevole e – per quanto mi riguarda - non fa alcun effetto. Dicono che la vendita sia illegale, eppure può essere sviluppata ovunque". Lo scrive Orwell a Marrakesh nel 1938 (lo leggo nei “Diari dal Marocco”, Nuova Editrice Berti) ma l'ultima frase potrebbe essere scritta in Italia oggi: “Dicono che la vendita sia illegale, eppure può essere sviluppata ovunque”. Tutto passa, ma non l'inanità e l'idealismo di certi divieti. Si ricordi il più realista degli autori biblici: “Ciò che è storto non si può raddrizzare” (Ecclesiaste 1,15).

Se tante persone vogliono da così tanto tempo, per motivi non chiari né a Orwell né a me, farsi delle canne, chi siamo noi per vietarglielo? E, soprattutto, chi siamo noi per pensare che questo divieto, dopo quasi un secolo di sforzi repressivi vani, possa proprio ora diventare effettivo? Crediamo forse di essere onnipotenti? Che poi quest'idea che lo stato possa proibire una droga la trovo molto pericolosa: rende concettualmente possibile che un giorno venga proibito il vino. 

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).