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Il cestino da picnic mi salvi dai ristoranti commerciali

Camillo Langone

Chiamo normali, commerciali i ristoranti mare e monti, i ristoranti con menù lungo o con menù doppio carne e pesce e dunque né carne né pesce. Dove tutto è cucinato da schifo, com’è ovvio in presenza di mille proposte e in assenza di passione

Ho deciso di comprarmi un cestino da picnic. Per non entrare mai più in un ristorante normale, in un ristorante commerciale. L’ho deciso dopo essere incappato, causa lunedì, causa fretta, causa fame, in un ristorante normale, commerciale: chiamo normali, commerciali i ristoranti mare e monti, i ristoranti con menù lungo o con menù doppio carne e pesce e dunque né carne né pesce, fatti per accontentare tutti e scontentare me. Tutto era cucinato da schifo, com’è ovvio in presenza di mille proposte e in assenza di passione, tutto era servito in piatti idioti, ad esempio i cjalsons (stando in Friuli) languivano dentro un piatto molto fondo: impossibile dividerli con la forchetta, molto difficile estrarli. Era un ristorante normale, commerciale, pertanto coi vini anni Novanta sugli scaffali, sapete, rossi fermi in barrique, bottiglia bordolese, tappo di sughero… Allora ho deciso di comprarmi un cestino da picnic. Quelli tipo vimini contenenti i piatti, le posate, i bicchieri. Così anche trovandomi lontano da casa, in un albergo, in una stanza, e con l’unico ristorante buono dei dintorni chiuso per turno o pieno, potrò gustare cibi eccelsi. Perché l’Italia abbonda di cibi eccelsi, salumi, formaggi, conserve, verdure, pani, dolci, però nei negozi fisici e magari online, mai e poi mai nei ristoranti normali, commerciali.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).