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preghiera

Sul pesce la penso come i magnaccioni. E comunque meglio quello d'acqua dolce

Camillo Langone

“Ce piacciono li polli / li abbacchi e le galline / perché son senza spine / nun so’ come er baccalà”. Ma se pesce deve proprio essere che sia almeno di lago o fiume. La sua superiore nobiltà è provata dalla sua rarità: quanti sono i ristoranti con la tinca nel menù?

Non la capisco la moderna passione delle masse per il pesce. Io la penso sempre come i magnaccioni della famosa canzone romanesca: “Ce piacciono li polli / li abbacchi e le galline / perché son senza spine / nun so’ come er baccalà”. Ma se pesce deve proprio essere che sia almeno di lago o fiume. La superiore nobiltà del pesce di acqua dolce è provata dalla sua rarità: quanti sono i ristoranti con la tinca in carpione nel menù? E dall’eleganza dei luoghi di provenienza, spesso e volentieri romantici laghi prealpini. E dal sangue blu dei più illustri estimatori: i Gonzaga, a cui dobbiamo il luccio in salsa, e gli Estensi, legati allo storione che fra l’altro di antipatiche lische non ne ha. Lungi da me pesci democratici, branzini turistici, triglie spinose, orate congelate del Marocco (nazione invadente anche dal punto di vista ittico), sgombri rancidi, tonni da scatolame, per non parlare dell’ancora più spregevole pesce sintetico che stanno sviluppando a Singapore: fate largo alla specie aristocratica, e alle sue uova, nere come perle preziosissime.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).