Il 25 settembre è la data scelta per il voto (Ansa)

Preghiera

Il voto che ci aspetta sarà l'ennesimo rito scaramantico

Camillo Langone

Le elezioni vengono considerate un dovere collettivo, anche quando per il singolo non sembrano avere significato

“Stavolta non so proprio per chi votare”. Tutti annuiscono. “Ma bisogna votare!”. Tutti annuiscono di nuovo. Questa scenetta di cui sono stato spettatore, durante una cena fra persone che vista l’età immagino seguano la politica in tv, mi ha palesato che la democrazia non è solo sopraffazione (delle minoranze e in particolare di quella microminoranza che è l’individuo), è anche superstizione. Mi ha ricordato il “non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo, relativo ai gobbi che porterebbero fortuna. Irrazionalità totale. Logica irreperibile. Pensiero primitivo. Mondo magico (avrebbe detto l’antropologo Ernesto De Martino). Non si sa per chi votare ma si è convinti che un voto ancorché a capocchia serva a rialzare le sorti della nazione. Le urne come amuleti, le elezioni come rito scaramantico. Per le generazioni che furono giovani durante la Prima Repubblica il voto è un cieco dovere collettivo alla stregua delle lenticchie di Capodanno, che se non le mangi sei un asociale e se il Pil nei prossimi dodici mesi scende è colpa tua. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).