preghiera
Biagio Marin, poeta di un cristianesimo non riduzionista
Vedeva nell'omosessualità dell'amico Pasolini la causa della sua catastrofe. Ma la religione non rimpicciolisce le persone ai loro commerci carnali. I versi di Marin, in dialetto di Grado, sono un modo per lasciarsi da fratelli con l'amico
“Io ero fatto in altro modo: / con te avevo in comune Dio / … / Ma Dio in comune è tanto!”. Biagio Marin era un poeta meraviglioso e un cristiano più meraviglioso ancora, come dimostrano questi pochi versi tratti da “El critoleo del corpo fracassao”, “Lo scricchiolio del corpo fracassato”, litanie in memoria di Pier Paolo Pasolini scritte in dialetto gradese pochi giorni dopo il massacro di Ostia, novembre 1975, ora tradotte da Ivan Crico e pubblicate con testo a fronte da Quodlibet. Marin, uomo molto morale e molto religioso, vede nell’omosessualità, dico meglio, nella particolare omosessualità dell’amico la causa della catastrofe: “Sesso sfrenao, xe stao / un mortal ritornelo”. Sarebbe dovuto rimanere nel “Friuli beato”, paese di “femene soavi”, colui che si è “perso / in un mondo lontan, perverso”. Sul punto, si capisce, il disaccordo è totale. E però il cristianesimo non è riduzionista, non rimpicciolisce le persone ai loro commerci carnali, dunque Marin mette in esergo San Paolo (“Chi è morto è affrancato dal peccato”) e con Pasolini si affratella in alto. Grande poesia e grande teologia.