l'editoriale del direttore
Perché destra e sinistra non possono dire la verità sull'immigrazione
Quando la propaganda incontra la realtà, il tema sparisce: tra dati imbarazzanti e promesse smentite dai fatti, così l’immigrazione è diventata il grande argomento rimosso della destra al governo, mentre la sinistra parla solo di percezioni
Il punto è sempre quello: cosa scegliere tra palco e realtà? Tra i risultati politici più interessanti maturati nella stagione del governo Meloni ce n’è uno poco indagato che riguarda un tema diventato improvvisamente tabù, forse persino più dell’utilizzo della parola “militari” in un decreto sulle armi, forse persino più della scelta di non diminuire l’età necessaria per andare in pensione, forse persino più della scelta di schierarsi più con l’Europa che con Trump nel sostegno all’Ucraina. Un tema che in teoria dovrebbe e potrebbe essere una bandiera per la destra e che invece da tre anni a questa parte fatica a trovare spazio nella narrazione politica della maggioranza, e anche in buona parte delle tv e dei media nazionali. Del tema, in verità, si parla quando destra e sinistra hanno la possibilità di confrontarsi all’interno della propria comfort zone, quando cioè la destra può dimostrare di essere sempre quella dura e pura del passato (ehi, amici siamo sempre gli stessi!) e quando la sinistra può dimostrare di essere l’alternativa alla destra dura e pura del passato (ehi amici, sono sempre fascisti quelli lì!). Ma quando la discussione, attorno a questo tema, si sposta dalla propaganda alla realtà, tutti, a destra e a sinistra, trovano qualche difficoltà ad affrontare la questione. E così, magicamente, del tema semplicemente non si parla più. Anche in televisione. Puff, sparito, come i conigli che si infilano nel cilindro del mago. Il tema, lo avrete capito, non è un tema come un altro. Parliamo dell’immigrazione, ovviamente, e parliamo di un tema che in coincidenza con l’arrivo di un governo di destra è improvvisamente e magicamente sparito, tranne quando si parla di Albania, dalla cima della nostra agenda pubblica.
Soprattutto, dall’agenda dei media più vicini alla destra. Perché? La ragione è presto spiegata e riguarda un problema con cui la destra di governo ha dovuto fare i conti rapidamente, anche nell’anno che si appresta a concludersi. Per risolvere i problemi legati all’immigrazione, dare risposte semplicistiche a problemi complessi non aiuta a risolvere i problemi. Dare risposte complesse a problemi affrontati nel passato con risposte semplicistiche non aiuta a conquistare consenso e spesse volte costringe anche a prendere decisioni politiche che sono in totale contraddizione con le proprie idee del passato. E così, pur di non parlare di dati, ci si organizza per parlare di percezioni, ci si organizza per non parlare di merito, ci si organizza per far ruotare il dibattito attorno alle idee, non ai fatti. I fatti sono dolorosi per il centrodestra, e non solo quando si parla di immigrazione, perché le strategie principali che la destra di governo ha messo in campo in questi anni sono difficilmente difendibili e spendibili in campagna elettorale. La destra, sui migranti, aveva promesso il blocco navale, aveva promesso una battaglia contro l’Europa, aveva promesso triangolazioni con gli amici di Orbán, aveva promesso di ridurre i flussi, aveva promesso di ridurre gli immigrati e alla fine dei conti, dopo tre anni di governo Meloni, il risultato è questo: nessun governo ha mai portato così tanti migranti regolari in Italia come ai tempi di Meloni, grazie al decreto flussi più imponente della storia della Repubblica.
Pochi governi, come questo, hanno scelto di collaborare con l’Europa, sul tema della redistribuzione dei migranti, e il governo Meloni, facendo arrabbiare i patrioti europei, ha firmato il Patto sull’asilo e sui migranti, prima ancora di riuscire a ottenere con i partner europei una lista europea di paesi di origine sicuri e un sistema europeo per i rimpatri realmente efficace che sarà definito nei primi mesi del prossimo anno. E come se non bastasse, poi, il governo piuttosto che chiedere all’Europa di essere meno presente sul contrasto all’immigrazione, da mesi chiede all’Europa di fare di più, di essere più forte, di essere più reattiva, di aiutare attraverso la solidarietà un tempo demonizzata i paesi membri a gestire i propri confini. C’è dunque una parte di verità che la destra di governo non può ammettere quando parla di immigrazione, ovverosia che le ricette necessarie per affrontare i problemi complessi in modo non superficiale sono ricette in contraddizione con la retorica del passato (Salvini, come sapete, è stato assolto sul caso Open Arms, ma il salvinismo, nella pratica quotidiana, è stato condannato dal governo Meloni, sull’immigrazione, e reso marginale). Ma c’è un’altra parte di verità, che la destra di governo non può ammettere quando parla di immigrazione, che coincide con una verità fatta di numeri. I numeri, in questo caso, sono quelli spietati offerti ogni giorno dal Viminale, nel suo cruscotto statistico, e quei numeri dicono quanto segue. Al 29 dicembre, il numero di migranti sbarcati nei primi dodici mesi dell’anno ha toccato quota 65.970. Tecnicamente, dunque, i migranti sbarcati in Italia nel 2025 sono superiori a quelli sbarcati nel 2024 nello stesso periodo, quando furono 65.528. Il governo potrebbe dire che però gli stessi migranti che oggi sembrano tanti sono in realtà meno rispetto a quelli sbarcati nel 2023 nello stesso periodo, quando furono 155.754. Ma anche questo sarebbe faticoso da dire, per il governo, perché dovrebbero ammettere che quel dato era superiore ai 103.846 dell’anno prima, il 2022, quando la destra all’opposizione sosteneva che l’immigrazione generata dal governo precedente era a livelli inaccettabili (il governo Meloni è entrato in carica nell’ottobre 2022). E perché, andando indietro nel tempo, bisognerebbe dire che nel 2021, in fondo, i numeri dell’immigrazione, quando non c’era la destra, erano migliori di quelli attuali: 67.040 sbarchi alla fine di dicembre.
Comunque la si prenda, l’immigrazione, per il governo di destra, pur avendo ottenuto risultati oggettivi rispetto a due anni fa, è un tema che imbarazza, che costringe a fare i conti con la realtà delle politiche sballate del passato e delle propagande costruite sulle percezioni (con questi numeri sull’immigrazione, per capirci, se la destra non fosse al governo, seguendo gli standard del passato, avrebbe già chiesto le dimissioni dell’interno governo). Il risultato di questi cortocircuiti non riguarda solo la necessità, da parte di tutti, di parlare di fuffa, e la necessità riguarda anche l’opposizione, che sull’immigrazione, Albania a parte, non ha tanti temi da sventolare di fronte al governo, anche perché Meloni in Europa sull’immigrazione ha più sintonia con il Pse di quanta non ne abbia il Pd. Il risultato, in verità, è semplicemente formidabile: con i governi di destra si parla meno di immigrazione. Parlare meno di immigrazione significa alimentare meno la xenofobia. Alimentare meno la xenofobia spinge anche a cercare vie per creare maggiori canali per avere più immigrati regolari. E il risultato più interessante ottenuto dal centrodestra in questi anni – seppure involontario – è aver dato un contributo a normalizzare i dibattiti sull’immigrazione attraverso una strategia vincente anche se non rivendicabile: pochi hashtag e molto silenzio. Non durerà. Ma finché dura vale la pena goderselo.