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l'intervista
Parla Zampa (Pd): “Il Pd è mutilato. Renzi può dare una mano per parlare a riformisti e moderati”
La senatrice dem dice sì alle primarie per cercare una voce unitaria nel campo largo: "Non possiamo presentarci divisi. Schlein? Attaccare Meloni non basta, serve un progetto"
“Negli anni il Pd è stato mutilato di culture politiche importantissime. Quelle che ne hanno determinato la nascita”, dice al Foglio Sandra Zampa. Una Margherita 4.0? “Non sono una fanatica delle etichette. Ma c’è la necessità di dare spazio nel centrosinistra a voci riformiste”. D’altra parte per la senatrice dem, la storica portavoce di Romano Prodi, il Partito democratico è nato proprio per “assolvere a questa vocazione e parlare a tutto il paese. Se poi intorno al Pd nasce un’area che raccoglie voci riformiste e moderate, ed è capace di dare impulso a un progetto che offra finalmente agli italiani un’alternativa vera, si creano le condizioni per vincere. Su questo la penso come Matteo Renzi”.
Stampella, tetto, casa. Chiamatela come volete, ma per Zampa o si fa così o si ritorna alla sconfitta del 2022: “Non possiamo presentarci divisi la prossima volta”. Per l’ex premier Renzi, intervenuto lunedì sul Foglio, lo spazio scoperto tra l’ideologismo di Francesca Albanese e di Ilaria Salis, e la destra di governo può essere occupato dalla sua Casa riformista – in una sorta di riedizione della Margherita – in grado di aiutare il centrosinistra a vincere. In attesa del 2027, sui consensi il Pd oscilla da mesi intorno al 20 per cento. Punto più, punto meno. “Se i sondaggi ci dicono che continuiamo a restare fermi dove eravamo, è bene che si faccia avanti anche una forza, o una somma di forze, come la Casa riformista di Renzi”, dice la senatrice. Un soccorso liberale per “parlare a un pezzo di paese a cui da tempo nessuno si rivolge”.
Su cosa manchi al campo largo oggi per vincere, Zampa non ha dubbi: “Un progetto, una costruzione vera della coalizione”. Finora, un centrosinistra unito si è visto a salti. Certamente ha pagato in Toscana, in Emilia-Romagna, in Campania, laboratorio di quel “modello Napoli” rivendicato da Manfredi su queste colonne. Ma il successo delle urne ha fatto il paio con dissidi interni alle forze stesse del campo largo. Soprattutto tra Pd e Movimento cinque stelle (si ricordi per esempio il lungo valzer su Atreju e il confronto mancato con Meloni, per non parlare della politica estera). “Un giorno Conte ti dice che stanno valutando l’alleanza, e un altro che non si alleano con nessuno. E’ inutile costruire scatole se dentro non ci si mette niente”, avverte Zampa, secondo cui l’unità è una condizione necessaria, ma non sufficiente. “Ci serve certamente un’alleanza larga, ed è necessario che tutte le forze che non sono in questo momento al governo si costituiscano insieme”, dice la senatrice. Tuttavia i contenuti scarseggiano, a partire proprio dal Pd: “Il partito ha passato il suo tempo ad attaccare Giorgia Meloni e la maggioranza. Eppure, non siamo stati ancora capaci di dire cosa faremmo al loro posto su tutti i punti che gli abbiamo contestato. Dal fisco alla migrazione, passando per la scuola e la sanità”. Una critica che non vale solo per i dem ma anche per le altre forze del campo largo, ancora in cerca di una leadership condivisa.
Per trovarla, secondo Zampa, anche le primarie possono essere uno strumento utile. Sebbene il suo sembri essere un parere isolato tra i dem: da Manfredi a Verini, il timore è che possano creare fratture nell’elettorato, ma anche dentro il partito. “Si è sempre detto così, ma non è mai stato vero – risponde la dem –. Servono per misurarsi con idee diverse. Non bisogna avere paura della competizione democratica. All’inizio si creano dei momenti di tensione molto grande, e io l’ho vissuto con le primarie di Prodi, e poi con quelle tra Walter Veltroni, Rosy Bindi ed Enrico Letta. Le primarie non sono una passeggiata ma se fatte in tempo utile c’è poi spazio per una ricomposizione”. Confrontarsi, fare sintesi e trovare la leadership giusta sono passaggi obbligati da qui al 2027. D’altronde, a destra il candidato unitario c’è, ed è Giorgia Meloni. “Non penso sia accettabile immaginare che il centrosinistra si presenti diviso. Significherebbe non voler vincere, e sarebbe una disgrazia”. E se la segretaria Elly Schlein avesse la meglio, come la vedrebbe a Palazzo Chigi? “Credo che le primarie servano proprio a individuare un candidato davvero all’altezza della sfida – glissa Zampa – ma comunque non possiamo immaginare che ogni forza si presenti alle politiche con un proprio nome. Ci serve un o una leader”. L’unica certezza, condivisa tanto con Renzi quanto con Manfredi, è che la premier si può e si deve battere: “Penso che sia realistico dire che noi possiamo vincere”. Insistiamo: Schlein è pronta a tutto ciò? “Parteciperà alle primarie se vorrà farlo. Altrimenti si candiderà qualcun altro del Pd”. Chi? “Non lo so. Dei nomi in testa ce l’avrei, ma non li faccio nemmeno sotto tortura”.