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La sentenza
Oltre la legge Calderoli, l'autonomia differenziata secondo la Toscana
La Consulta smonta la riforma toscana sul turismo: autonomia senza passare per l'art. 116, competenze statali aggirate e concorrenza a rischio. E a difendere la Regione c'era proprio il Pd, che accusò la proposta del ministro di "spaccare il paese"
Come vola il tempo. L’anno scorso la Toscana, insieme ad altre tre regioni amministrate dal centrosinistra (Puglia, Campania e Sardegna) aveva impugnato alla Corte costituzionale l’intera legge voluta dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli sull’autonomia differenziata. “Una riforma che spacca il paese”, “una legge che crea cittadini di Serie A e di Serie B”, “la secessione dei ricchi” erano gli slogan più gettonati tra i presidenti delle regioni ricorrenti e l’opposizione in Parlamento. Avevano anche raccolto oltre un milione di firme per un referendum abrogativo, poi dichiarato inammissibile dalla Corte costituzionale, contro una legge accusata di rompere l’Unità nazionale. Al di là degli aspetti giuridici, insomma, l’unico obiettivo politico – oltre che l’imperativo etico – era quello di affossare la differenziazione regionale da realizzare tramite l’art. 116 della Costituzione.
La Corte costituzionale, tuttavia, con la sentenza 192 a novembre del 2024 accolse solo in parte i loro rilievi, senza interrompere l’iter per l’acquisizione di nuove funzioni in materie cosiddette “non-Lep” avviato da quattro regioni di centrodestra. Tra queste rientravano anche quelle in materia di professioni non ordinistiche, poi diventate oggetto di una pre-intesa siglata con il governo proprio il mese scorso: Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto hanno infatti firmato quattro accordi preliminari con lo stato per poter regolare, in deroga ai principi fondamentali stabiliti con legge nazionale, oltre a materie come “protezione civile”, “previdenza complementare e integrativa” e “tutela della salute-coordinamento della finanza pubblica” anche le professioni turistiche. Un tema non esattamente in grado di provocare valanghe costituzionali.
Senonché, mentre le regioni di centrodestra – che suppostamente volevano sfasciare la Carta e l’unità nazionale – percorrevano il lungo iter costituzionalmente previsto per richiedere allo stato le relative funzioni, la progressista Toscana procedeva a modificare unilateralmente il proprio Testo unico sul turismo introducendo una dettagliata regolamentazione delle professioni turistiche come l’accompagnatore turistico, la guida ambientale, il maestro di sci e la guida alpina. Il ricorso del governo non si è fatto attendere e ora, alla vigilia di Natale, è arrivata la sentenza della Corte costituzionale (196/2025) che ha smontato la riforma toscana, adottata in palese violazione del riparto di competenza con lo stato così come previsto al Titolo V, con l’effetto di limitare un caposaldo del diritto europeo come la concorrenza e di frammentare la disciplina a livello regionale. In poche parole, la Toscana non solo ha tentato di impedire – politicamente e giuridicamente – che altre regioni dessero attuazione all’autonomia differenziata, ma ha provato a realizzarla per sé stessa senza però passare dall’iter previsto dall’art. 116 comma 3. Insomma, ha tentato un’applicazione autonoma e differenziata dell’autonomia differenziata. Tutto il contrario della leale collaborazione, con tanti saluti alla garanzia dell’unità oltre che alla coerenza politica.
Ma non è finita qui. Un altro aspetto singolare della vicenda è che a difendere la legittimità della legge toscana davanti alla Corte c’era un dirigente del Pd, uno degli avvocati e docenti di Diritto costituzionale che più ha strepitato per l’attentato all’unità nazionale prodotto dalla legge Calderoli. Si tratta di Andrea Pertici, membro della direzione nazionale del Pd, costituzionalista preferito di Elly Schlein (entrambi militavano in Possibile, il partito che fu di Pippo Civati): la segretaria dem avrebbe voluto nominarlo alla Consulta, ma poi gli è stato preferito Massimo Luciani, che da avvocato aveva presentato il ricorso contro la legge Calderoli per conto della regione Puglia, e ora ha giudicato il ricorso vinto dal governo contro la legge della Toscana.
Pertici, che spesso difende la regione Toscana, ai primi di dicembre esultava per la decisione della Consulta di fare salve le norme limitative degli affitti brevi: “Abbiamo vinto! Quando l’autonomia è seria noi siamo per l’autonomia!”. Non sempre, a volte sono a favore dell’autonomia anche quando non è seria, persino quando si spinge oltre le colonne di Calderoli.