Ansa
Il consiglio dei ministri
Il Cdm approva il decreto Ucraina. Nessuna data per il referendum sulla Giustizia
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al quinto pacchetto di aiuti a Kyiv che comprende la "cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari". Marattin su X: "Glielo dite voi a Borghi?". Il senatore leghista: "Per quanto mi riguarda possono anche chiamarlo Gino, basta che non cambi il testo"
Il Consiglio dei ministri si è concluso, ma, da quanto si apprende, non è stata ancora fissata la data del referendum sulla Giustizia. È stato lo stesso ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci a dire ai giornalisti: "Non ne abbiamo parlato". La decisione sulla data, con ogni probabilità, verrà presa a gennaio. In compenso, l'Italia continuerà a inviare aiuti a Kyiv. Il Cdm infatti ha dato il via libera al decreto legge con "disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, per il rinnovo dei permessi di soggiorno in possesso di cittadini ucraini, nonché per la sicurezza dei giornalisti freelance". Tra i punti all'ordine del giorno c'era anche lo schema di decreto legislativo "sull'attuazione della direttiva (Ue) del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili". Ma è sugli aiuti a Kyiv che è scoppiato un piccolo caso.
Dopo giorni di pressing della Lega e del suo segretario Matteo Salvini, il testo è arrivato in Consiglio dei ministri con qualche concessione al Carroccio, ma c'è stata una novità all'ultimo momento. Nel testo di convocazione del Consiglio infatti all'ordine del giorno compare la dicitura: "Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina" a differenza di quanto si legge nella bozza dello stesso decreto, dove l'aggettivo "militari" era assente dal titolo. La situazione ha scatenato l'ironia di Luigi Marattin, deputato e Segretario del Partito Liberaldemocratico, che, rivolgendosi a Claudio Borghi ha scritto su X: "Sui social in questo momento Claudio Borghi sta festeggiando per essere riuscito a togliere il termine 'militari' dal titolo (non certo dal testo o dalla sostanza) del decreto Ucraina. Che fate, glielo dite voi?". Il senatore leghista, che è anche membro del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha commentato così: "Voi capite la pazienza che ci vuole e che ci è voluta? Diciamo che a qualcuno a quanto pare difetta lo stile che, anche nelle trattative, (e nella vita) non è una qualità trascurabile. Per quanto mi riguarda comunque possono anche chiamarlo Gino, basta che non cambi il testo".
C'erano pochi dubbi sul fatto che il provvedimento sarebbe stato varato oggi, a due giorni dall'inizio del nuovo anno, e dunque dalla scadenza del decreto precedente che consentiva l'invio di armamenti al paese aggredito da Putin. La vera questione era capire cosa avrebbe contenuto il decreto. Il Carroccio voleva a tutti i costi far mettere per iscritto che gli aiuti sarebbero stati di carattere "civile e umanitario", come per esempio i gruppi elettrogeni e i generatori per gli ospedali e che le armi inviate fossero a scopo difensivo. Il braccio di ferro interno alla maggioranza infatti ha riguardato proprio questo: con la Lega che spingeva per ridurre al minimo le forniture belliche e aumentare invece il sostegno civile e il ministro della Difesa Guido Crosetto che invece, come abbiamo scritto qui, ribadiva: “Continueremo a supportare l’Ucraina".
Dall'inizio della guerra tra Russia e Ucraina sono stati approvati quattro decreti legge, uno per ogni anno dal 2022 al 2025, per sostenere militarmente Kyiv. Questi provvedimenti sono la cornice giuridica che consente poi al governo, mediante decreti interministeriali tra Difesa, Esteri, Mef e Mimi, di autorizzare, senza nuovi passagi d'Aula, i singoli pacchetti di aiuti. Il quinto decreto Ucraina, quello per l'autorizzazione dell'invio di materiale bellico per il 2026, era già saltato due volte dal Cdm del 2 dicembre e da quello del 22 dicembre.
L'editoriale dell'elefantino