(foto Ansa)
nella maggioranza
Meloni tra Merz e Salvini. La premier batte le resistenze tedesche. Ma ora la Lega vuole depotenziare i nuovi aiuti a Kyiv
Incassa l'ok al prestito all'Ucraina facendo debito comune, ma al governo deve scontrarsi con la freddezza leghista sul nuovo pacchetto per Zelensky. Col Carroccio che chiede "discontinuità"
Hanno vinto con Merz ma non sanno come gestire Salvini. L’asse Meloni-Tajani riesce a far cambiare posizione all’Ue, persino a Ursula von der Leyen, che chiedeva di usare gli asset russi per finanziare i nuovi aiuti all’Ucraina. Al punto che il cancelliere tedesco, dopo una notte estenuante di trattative, è costretto ad annunciare “una cattiva notizia”: l’accordo su un prestito da finanziare con debito comune a cui Berlino si era sempre opposta. Eppure le grandi apprensioni per Meloni e il ministro degli Esteri sono interne: “Alcuni governi e alcune istituzioni europee hanno più interesse a andare lunghi” con la guerra in Ucraina, commenta infatti il leader della Lega. Che ora mira a depotenziare il pacchetto di aiuti da votare entro fine anno.
Nella sfilza di esponenti della maggioranza che festeggiano il risultato del Consiglio europeo, dal ministro per gli Affari europei Tommaso Foti che parla di “linea italiana che ha fatto la differenza”, ai parlamentari di Forza Italia che sottolineano la “svolta verso gli eurobond”, si distingue la freddezza della Lega. E nel giorno in cui il capo dello stato Sergio Mattarella, nella cerimonia di auguri con le alte cariche istituzionali – presenti anche Giorgia Meloni vestita di azzurro e lo stesso Salvini –, parla di “pace che affermi il diritto”, e sostiene che “la spesa militare non è mai popolare ma mai come ora è necessaria”, il segretario del Carroccio se ne esce con una dichiarazione che marca scetticismo: “Conto che lo spirito olimpico contagi anche alcuni governi e alcune istituzioni europee che probabilmente hanno più interesse ad andare lunghi che non a chiudere una partita che si gioca sulla pelle di migliaia di ragazzi che ogni giorno muoiono, Spero che spirito olimpico veda avvicinarsi atleti di Paesi in conflitto come Israele e Palestina o Russia e Ucraina”. Questo anche in ragione di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca che al prestito si sono opposti e non verseranno soldi all’Ucraina (il pensiero di Salvini non è molto lontano dal “dovevamo fare anche noi così”). E dire che il lavoro portato avanti dalla premier in asse con l’altro vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha richiesto giorni di sforzi condivisi, dichiarazioni congiunte. Una elaborata strategia che aveva portato Meloni, nelle comunicazioni in Parlamento, a mettere sul tavolo la pista prestito da finanziare a debito. Posizione subito rafforzata dal segretario di Forza Italia che, parlandone con i suoi colleghi del Partito popolare europeo, a Bruxelles, aveva fatto notare come “quella degli asset congelati poteva essere un’ipotesi, però abbiamo forti dubbi sulla base giuridica, perché qualora non fosse abbastanza solida e ci fosse un ricorso della Russia che portasse a dover restituire le somme erogate, sarebbe un problema, oltre a dare una vittoria a Putin, cosa che noi dobbiamo scongiurare”. Il governo italiano ha giocato più di sponda con Macron (con convergenze anche sulla sospensione del Mercosur) ma anche con il premier belga De Wever. Importante è stato proprio il lavoro di Tajani che, all’interno del Ppe, si è dovuto scontrare con la contrarietà della Cdu (che esprime sia Merz sia la von der Leyen). Per questo, nonostante il buon esito del vertice brussellese, non ha fatto granché piacere dalle parti di Palazzo Chigi il ritorno alla realtà italiana, dove c’è un partito di maggioranza, la Lega, che se da un lato (sulla manovra) escogita ogni giorno nuove trappole e provoca tensioni anche all’interno dello stesso Carroccio. Dall’altro, sul fronte internazionale, mal digerisce questa vicinanza tra Meloni e Macron.
Ma al di là delle questioni umorali, Salvini e i suoi non hanno alcuna intenzione di votare un pacchetto di aiuti militari uguale a quelli già votati in precedenza. Lo ha fatto presente uno dialogante ma franco come il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo. E in queste ore, come se non fosse abbastanza al centro del calderone per le uscite sulla manovra, è tornato a farlo anche il senatore Claudio Borghi che è uno dei componenti del Copasir e a cui Salvini ha dato mano libera per occuparsi del dossier armi. Il testo del nuovo decreto, costantemente rimandato di Consiglio dei ministri in Consiglio dei ministri, come hanno annunciato sia il ministro della Difesa Guido Crosetto che il ministro degli Esteri Tajani arriverà in Cdm entro la fine dell’anno. E quindi negli ultimi due appuntamenti disponibili. Solo che adesso la Lega vuole stravolgere l’approccio seguito finora, perché “serve una discontinuità”, continuando a supportare Kyiv ma “tenendo presente gli sviluppi dei negoziati di pace”. Anche per questo la Lega vorrebbe rivedere al ribasso la quota destinata agli armamenti difensivi e concentrare le risorse sugli aiuti civili. Per Meloni insomma, convinti Merz e von der Leyen, la partita sembrava in discesa. Non aveva fatto i conti con i capricci di uno dei suoi vicepremier.