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Addio Caracciolo
Anche Camporini lascia Limes: “C'è gente schierata con Mosca”
Il generale ha deciso di andarsene da Limes "per incompatibilità con la linea politica di mancato sostegno ai principi del diritto internazionale, stracciati dall'aggressione russa all'Ucraina. Nella rivista c'è chi fa da traino alle istanze del Cremlino". Con lui abbandonano anche Argentieri, Arfaras e Gustincich
Addio Limes. “Ho deciso di andarmene, di lasciare il Consiglio scientifico della rivista”. Perché? “C’è gente che definire schierata con Mosca è un eufemismo, nel senso che sono dei trainanti per il Cremlino”, risponde il generale Vincenzo Camporini, già capo di stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica. Due giorni fa ha reso pubblica la sua scelta, “per incompatibilità con la linea politica di mancato sostegno ai principi del diritto internazionale, stracciati dall’aggressione russa all’Ucraina”. Non è il solo a pensarla così, non è l’unico ad aver salutato il giornale nato dopo il crollo del muro di Berlino. Lo stesso hanno fatto il politologo Federigo Argentieri, l’economista Giorgio Arfaras e l’analista Franz Gustincich, denunciando una linea troppo vicina alle istanze di Putin. Quella che Camporini definisce al Foglio “una lenta deriva. Ma mi faccia fare una piccola premessa”. Prego. “Conosco il direttore Lucio Caracciolo da tanti anni, è una persona che stimo e con cui ho avuto degli interessantissimi scambi”. Ma? “Negli anni ha maturato una posizione che francamente diverge dalla mia visione. A lui per esempio l’Europa non piace”, dice il generale. “Per carità, ci sono molti aspetti dell’Unione europea che possono essere migliorati, ma certamente se vogliamo avere rilevanza nel futuro dobbiamo sentirci tutti europei”.
Il grande tema tuttavia, il problema principale è quello legato a Kyiv. “Sull’Ucraina ho visto un po’ alla volta una deriva che non posso condividere”. Da qui la rottura, dopo un rapporto con la rivista di geopolitica nato quasi per caso. “A un certo punto Lucio mi ha chiesto di inserirmi nel Consiglio scientifico e ho accettato. Parliamo di un organismo che non si è mai riunito, tanto che mi ero quasi dimenticato di farne parte. Ma quando me l’hanno fatto notare ho iniziato a riflettere e ho deciso così che fosse il caso di andarmene, perché la mia posizione è in antitesi rispetto a quella della rivista”. Non solo. Dice ancora Camporini: “Non voglio fare nomi, ma in quel Consiglio scientifico ho visto certe personalità da cui francamente mi voglio distanziare. C’è gente che definire schierata con Mosca è usare un eufemismo, nel senso che sono trainanti per il Cremlino”. Tra i componenti del Consiglio c’è per esempio il generale Fabio Mini, accusato in più occasioni di tirare acqua al mulino russo. Ma non sarebbe il solo che ha fatto storcere il naso a Camporini e agli altri che hanno preferito lasciare in polemica il periodico di Caracciolo, le cui posizioni su Russia e Ucraina comunque non sono nuove.
Da qualche anno pubblica infatti mappe in cui la Crimea appartiene alla Russia. E pure sul Donbas ci sono state polemiche. Generale, crede che anche la guerra ibrida, la propaganda di Mosca, abbia giocato un ruolo nella traiettoria di Limes? “Non ho elementi per fare affermazioni in questo senso, ma in generale lo sforzo russo per influire sulla nostra opinione pubblica è evidente in tantissimi modi”. E funziona? “Abbiamo un problema culturale. L’Italia è stata per decenni il paese con il più forte partito comunista in Europa. Al di là dell’ideologia, molti guardano con simpatia a Mosca. C’è poi l’aspetto del pacifismo a oltranza, che deriva da una certa visione del mondo cattolico. Questo – dice Camporini – rende l’Italia un obiettivo più malleabile per la propaganda putiniana. Tutti dobbiamo essere consapevoli che è in atto una guerra cognitiva e l’unica difesa che abbiamo è smetterla di stare zitti”.
E la politica italiana ne è consapevole? A giudicare da certe uscite di Matteo Salvini, di alcuni esponenti del M5s e di Giuseppe Conte, e di pezzi della sinistra sembrerebbe di no. “Viviamo in un paese dove c’è poca chiarezza su quelli che sono i nostri interessi reali”, dice Camporini sottolineando “l’opportunismo” di certi leader: un atteggiamento che rischia di indebolire l’immagine e la coesione del paese. Tanto più alla vigilia di un importantissimo Consiglio europeo che dovrà occuparsi degli asset russi congelati e mentre si discute il piano di pace per l’Ucraina. “Credo che ancor di più per il futuro dell’Europa sarà determinante lo sviluppo dell’intesa fra i cosiddetti Volenterosi, che hanno preso una strada abbastanza chiara. Ed è fondamentale, che pur entrandoci malvolentieri, ci siamo anche noi. Finalmente lunedì anche la premier Giorgia Meloni ha partecipato al vertice. Dal punto vista economico – conclude Camporini – il futuro si gioca sicuramente nell’ambito dell’Unione, ma sul piano politico ci vuole un gruppo di avanguardia che lanci il cuore al di là dell’ostacolo e ci proietti verso forme di integrazione più forti, in grado di condividere gli obiettivi fondamentali di politica estera”.