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Il convegno

Trent'anni di Tatarellum. L'altra legge elettorale che piace a FdI per cercare stabilità

Riccardo Carlino

Nata nel 1995, la legge della “norma antiribaltone” e dei listini regionali viene celebrata in un evento con il presidente del Senato La Russa. E' quella naturale in caso di premierato, ma nel partito ci si ragiona anche in assenza della riforma costituzionale

A tre decenni dalla sua entrata in vigore, oggi nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, sede della presidenza del Senato, la legge elettorale regionale firmata da Pinuccio Tatarella, storico volto di Alleanza nazionale, viene celebrata in un convegno ad hoc: “A 30 anni dal Tatarellum: stabilità, governabilità, rappresentatività”. Presenti all'evento il nipote Fabrizio Tatarella, il senatore meloniano Alberto Balboni, il presidente emerito della Camera Luciano Violante, il leader di Azione Carlo Calenda e infine Ignazio La Russa, presidente del Senato. Tutti riuniti a discutere di un provvedimento nato in un periodo storico – quello immediatamente successivo a Tangentopoli – fortemente convulso e agitato per la storia repubblicana

La legge (piuttosto snella, con soli 9 articoli) è arrivata nel 1995 per regolare il sistema elettorale delle regioni italiane a statuto ordinario, è in seguito è stata recepita anche da tre regioni a statuto speciale. La legge prevede l'elezione diretta e congiunta del presidente della Regione e del consiglio regionale, e assegna la presidenza della giunta regionale e la maggioranza dei seggi del consiglio regionale al candidato che ottiene almeno un voto in più dei concorrenti, a prescindere dal numero delle liste coalizzate e dai voti che ciascuna di esse ottiene. Oggi però dentro il partito di Giorgia Meloni c'è chi guarda a quel modello anche per le elezioni nazionali. E' la legge che FdI avrebbe voluto insieme alla riforma del premierato, e che però, con alcune modifiche, può essere il modello anche per una legge elettorale senza che sia cambiata la forma di governo (e quindi l'elezione diretta della premier).

  I 4/5 dei consiglieri regionali erano eletti con metodo proporzionale sulla base di liste provinciali concorrenti. Accanto ci sono i listini regionali, cui vengono riservati di base il restante quinto dei seggi consiliari, allocati in modo maggioritario. Il capolista del listino che ottiene il maggior numero di voti è eletto alla presidenza della regione mentre tutti gli altri candidati divengono consiglieri.  Al netto dei dettagli legati alle urne, la legge introduceva novità anche dal punto di vista del governo. Il provvedimento prevede lo scioglimento del consiglio regionale ed il ricorso a nuove elezioni, nel caso in cui, nei primi due anni della legislatura, ci sia una crisi fra giunta e consiglio regionale. Non a caso, questa norma viene definito “antiribaltone”.

 

Con questa serie di scelte, il Tatarellum puntava favorire una scelta chiara dell’elettore e garantire la piena governabilità per la coalizione vincente. Elementi auspicati anche nella maggioranza di governo, in cui da mesi (a ondate alterne) si ripesca il tema della legge elettorale e di come cambiarla. All'interno di Fratelli d'Italia si ragiona su un proporzionale puro (tanti voti prendi, tanti parlamentari fai eleggere) con premio di maggioranza. Fra i meloniani, lo abbiamo spiegato, c'è chi non disprezzerebbe una legge elettorale modellata proprio sul Tatarellum, corretto dal fatto che senza premierato il presidente del consiglio non potrebbe essere eletto direttamente come avviene con i governatori nelle regioni.

L'idea non è una prerogativa della destra. In una direzione del Pd di 2015, l'allora premier e segretario Matteo Renzi (con la benedizione di Pierlugi Bersani) aveva richiamato il Tatarellum quale possibile punto di riferimento per l'elezione del senato. Avrebbe anche in quel caso garantito la governabilità in quella camera che - per la sua caratteristica costituzionale di essere eletta su base regionale - spesso lascia maggioranza non solide.

Oggi in FdI si vaglia qualsiasi ipotesi: l'importante è che si arrivi a una legge che eviti un pareggio. Proprio per questo la riforma del premierato si ispira al modello dei comuni e – per l'appunto – delle regioni. E chissà che il convegno di oggi non chiarisca le idee a Via della Scrofa. 

 

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