Il racconto
Meloni la volenterosa, con Zelensky, la Ue (e Trump). La trincea di Crosetto contro la propaganda "no Difesa"
La premier sente i volenterosi e oggi vede il presidente ucraino a Palazzo Chigi. E intanto montano i timori del governo sulle trasmissioni che fanno disinformazione sull'aumento delle spese militari. Le tre date per il decreto Ucraina
Non resta che dirci “crosettiani”. Meloni si collega con i volenterosi, Zelensky arriva oggi a Palazzo Chigi. Siamo giunti al momento Crosetto: difesa o resa. Per rovesciare il racconto “Meloni, con chi stai?”, “Meloni, in mezzo, fra Trump ed Europa”, Meloni partecipa alla riunione con Starmer, Macron, Merz, il formato E3 (Gran Bretagna, Francia, Germania) che riceve a Londra, Zelensky. Tajani vorrebbe ancora più Europa. Crosetto, quando ha letto la strategia americana, il paper di Trump (europei, arrangiatevi!) ha scambiato messaggi con gli omologhi della Difesa: “Vediamoci, presto”. Si lotta contro la volontà di impotenza. Per dimostrare a Zelensky che l’Italia sta dalla parte di Kyiv, nel Cdm di giovedì, il governo ha la possibilità di inserire il decreto Ucraina che va approvato entro il 31 dicembre. I Cdm previsti, quelli che restano, sono uno il 22 e l’altro il 27 dicembre. Se chiedete a Palazzo Chigi vi risponderanno che “inserirlo già questo giovedì è una possibilità, ma c’è Salvini”. E’ sempre la Lega il migliore alibi di Meloni e Meloni mai come ora ha interesse a tifare Ue. L’Europa si avvicina a Meloni. I ministri dell’Interno raggiungono l’intesa sull’immigrazione, sui paesi terzi sicuri, e FdI può dire che in “Europa passa la nostra linea”. Il ministro Piantedosi rilancia sui centri in Albania (“che si ricandidano con forza a essere attivi su tutte le funzioni per i quali sono stati concepiti”) e parla di “svolta Ue, come chiedeva l’Italia”. Non è la migliore Europa possibile, ma è l’unica che abbiamo e Meloni prova a rimanerci agganciata. E’ Europa in senso vasto. Al governo si guarda alla Gran Bretagna di Starmer che per Crosetto ha già preso il ruolo di faro dell’occidente. Meloni sull’Ucraina teme l’opinione pubblica manipolata dalle televisioni commerciali italiane. Sono televisioni, pensano a Chigi, e pensano anche al ministero della Difesa, che “scoraggiano le spese militari con numeri artatamente gonfiati”. Il resto lo fa Trump. Per Meloni le parole di Trump sarebbero quasi una provocazione, un modo per convincere l’Europa ad accelerare sulla spesa militare. Nel comunicato ufficiale, dopo la telefonata con i volenterosi, per il governo è “fondamentale aumentare il livello di convergenza sui temi che toccano gli interessi vitali dell’Ucraina e dei suoi partner europei”. La priorità sono le garanzie. Dice Meloni in privato: “Non mi interessano gli eccessi di comunicazione, voglio la certezza che la Russia si fermi con l’invasione”.
Si riferisce agli eccessi di Trump, all’arrangiatevi. Tajani, che se potesse risponderebbe per le rime a Elon Musk che paragona l’Europa al Quarto Reich (a proposito, su Musk, tace Salvini, ma non è una notizia), è tra quelli che spingono Meloni ad avere una posizione ancora più europeista. Nel comunicato, diffuso da Chigi, si scrive che Meloni ha posto “l’accento sull’importanza dell’unità di vedute tra partner europei e Stati Uniti per il raggiungimento di una pace giusta e duratura”. Sta spiegando a Tajani che è lei l’unica a dialogare con Trump fra i leader europei e che questo dialogo farà la differenza . Quando Meloni parla con i suoi ripete invece che “io voglio fare l’interesse dell’Ucraina. Dobbiamo avere la certezza che Putin rispetti l’accordo. Abbiamo bisogno di prove tangibili che Putin non provi a rifarlo”. E’ il passaggio del comunicato dove si scrive che fondamentale resta “la definizione di solide garanzie di sicurezza e l’individuazione di misure condivise a sostegno dell’Ucraina e della sua ricostruzione”. Meloni non vuole passare per equivicina. Nel pacchetto di aiuti per l’Ucraina ci sono 140 milioni sotto forma di generatori elettrici. Oggi verrà ribadito a Zelensky il sostegno italiano e giovedì Crosetto si confronterà con i suoi omologhi. Sarà una riunione allargata. Parteciperà l’Alto rappresentante per gli Affari europei, Kallas, e il commissario per la Difesa Kubilius. Per Meloni e Crosetto va adesso superato un dazio culturale. Va spiegato all’opinione pubblica italiana che gli investimenti in difesa sono una necessità storica. Le parole di Trump, sull’Europa, sono per il governo nient’altro che il grande addio annunciato già ai tempi dell’amministrazione Obama. Per il ministro della Difesa è la fine di una lunga luna di miele fra Ue e America. L’Italia, lo pensano sia Crosetto sia Meloni, sconta una politica di imbarazzo che riguarda la Difesa. Finora ci sarebbe stata quasi una repulsione, una comunicazione che ha mistificato l’aiuto a Kyiv. Salvini fa il resto. A Palazzo Chigi si punta il dito contro le trasmissioni d’informazione, modello Tele Vladivostok, programmi di prima serata di giornalisti ritenuti sobri che cantano lo spartito: si spende in armi, ma non in ospedali. Si moltiplicano e sono il megafono di Forza resa, di chi mescola l’occidente con i cessi d’oro, casi di corruzione con “basta aiuti all’Ucraina”. La fortuna di Meloni è avere Crosetto. E’ lui la nuova voce di Radio Londra.