Ansa
il colloquio
"Cambiare statuto? Per Schlein un segno di debolezza. Ora serve un congresso". Parla Picierno (Pd)
La vicepresidente del Parlamento europeo: "Non vedo la necessità di forzare la mano. Il mio partito deve ambire alla guida dell’alternativa per la forza del cambiamento che vuole e sa offrire al paese, non per un codicillo. Serve un congresso per correggere la linea". E su Kyiv: "Le opposizioni avrebbero l’occasione per incalzare la destra"
Roma. Più che cambiare regole e commi, dice Pina Picierno, il Pd ha bisogno di un “confronto serio”. Perché l’alternativa non arriverà certo “dagli inviti ad Atreju e dallo statuto”. Su Kyiv, invita Meloni a decidere finalmente da che parte stare. Ma anche le opposizioni sono in ritardo, perdendo così l’“occasione per incalzare la destra”. La vicepresidente del Parlamento europeo parla al Foglio mentre al Nazareno si studiano i regolamenti. L’idea degli ultimi giorni è quella di rivedere lo statuto per blindare Elly Schlein, nel partito e nel campo largo.
Onorevole, che ne pensa? “Allo stato attuale non so se ci sarà una proposta di modifica, né come eventualmente possa essere circoscritta”, premette Picierno. “Io consiglio cautela: l’attuale statuto già garantisce largamente la leadership della segretaria, tanto nel pluralismo dentro il Pd quanto nella sua postura verso le alleanze. Non vedo la necessità di forzare la mano. Il mio partito deve ambire alla guida dell’alternativa per la forza del cambiamento che vuole e sa offrire al paese, non per un codicillo. Temo possa essere confuso con debolezza anziché con forza”. Senza contare che una forzatura di questo tipo, e non sarebbe la prima volta, potrebbe spaccare i dem. I riformisti hanno chiesto almeno una direzione. Il clima insomma non sembra serenissimo. “L’appuntamento assembleare – dice Picierno – si rinvia da troppo tempo ed è arrivato il momento di confrontarsi sul serio. Non serve un bagno di legittimazione, quella già c’è. Occorre costruire l’alternativa e la sua guida, mi auguro che la discussione e le necessarie correzioni di rotta avvengano su questo”.
I temi da discutere, del resto, non sono pochi. A partire dalla politica estera. Picierno vorrebbe un congresso nel 2026? “Serve chiarezza e non bisogna aver paura dei luoghi che servono a farla: i congressi si fanno per questo, per discutere della linea politica. Non dobbiamo temere la discussione e il confronto. C’è ancora voglia di lottare per ritrovare la vocazione del Pd: libero, forte e coraggiosamente riformista”. In questi giorni, dopo l’evento del Correntissimo Orlando-Speranza-Franceschini a Montepulciano, il Pd si è avvitato in una discussione tutta interna, mentre di Ucraina – a parte qualche esponente – si parla sempre meno. Al Nazareno si sono dimenticati di Kyiv? In nome del campo largo il sostegno dem potrebbe venire meno? “E’ esattamente il punto principale, a cui accennavo prima. Non temo amnesie, né sottovalutazioni, nell’ora delle decisioni il Pd è sempre stato dalla stessa parte. Ma non basta”. Cosa serve allora? “Siamo nel pieno di una tempesta scatenata da regimi e autarchie contro le nostre democrazie, con una confusa regia statunitense delle relazioni internazionali, rivolta al mercantilismo e al sovranismo. Lo spazio di manovra dell’Europa è troppo stretto, mentre l’Italia si attarda a sostenere con vigore l’unica iniziativa esistente: quella dei volenterosi. Quello che registro – prosegue Picierno – è però un attardarsi, non solo del governo. Le opposizioni avrebbero l’occasione per incalzare e chiamare alla responsabilità la destra. L’alternativa parte dall’Europa e dalla sconfitta del disegno del Cremlino. Non dagli inviti ad Atreju e dallo statuto del Pd”. L’opposizione comunque resta l’opposizione. Ma nel Cdm di ieri doveva esserci il decreto sull’Ucraina. Arriverà più avanti, ha spiegato Meloni. Pensa che il governo si stia riposizionando? I no di Salvini iniziano a pesare? “Peseranno sempre di più. Meloni reggerà con crescente difficoltà la posizione di sostegno all’Ucraina, stretta nella morsa dell’iniziativa di Trump. Tenere il piede in due staffe, quella delle cancellerie europee e quella di Pennsylvania Avenue, presto o tardi si rivelerà un’illusione. Tutti ci auguriamo la fine del conflitto e una pace giusta, gli ucraini e gli europei per primi. Ma la premier deve decidere da quale sede guardare questa crisi, con quale compagnia e quali interessi rappresentare”.
Un Pd con le idee più chiare in politica estera avrebbe potuto sfruttare meglio le contraddizioni della maggioranza. Si è persa un’altra occasione? “Le occasioni vanno e vengono. Ciò che conta davvero è la responsabilità con cui affrontiamo questi tempi incerti. L’Italia non fa eccezione. Sta a noi garantire sicurezza, sostenere una vera difesa europea e difendere competitività e benessere sociale dentro l’unico contesto possibile: quello europeo. Il rischio concreto – conclude Picierno – è che gli italiani si ritrovino a scegliere tra due proposte politiche che si candidano a una gara di velocità tra chi fugge prima dal mondo e dall’Europa”.
l'editoriale dell'elefantino