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l'intervista
Meloni, Renzi, e la satira in Italia. Parla Federico Palmaroli
Con il nuovo libro “Awanagana” celebra dieci anni di satira digitale: tra romanesco irresistibile, politica che ride solo in privato e un successo diventato fenomeno nazionale, il vignettista di “Osho” racconta il suo mondo surreale — e molto reale
Semel Osho, semper Osho (“ma non possiamo più usare quel nome, abbiamo avuto problemi legali”), dice Federico Palmaroli che però con l’hashtag #lepiùbellefrasidiosho se non è un guru è il vignettista digitale di Stato. E’ anche il Bruno Vespa della satira: a ogni Natale, ecco il suo libro, con vignette divise per mesi, è la strenna satirica che ormai arriva verso fine anno, così alla libreria Mondadori di Roma due giorni fa tra i negozi già addobbati e le luminarie ecco la presentazione affollata del nuovo volume, il sesto della serie, “Awanagana. Cronaca surreale di un mondo reale”, “ma è un sottotitolo palindromo, potrebbe essere anche il contrario, cronaca reale di un mondo surreale”, dice al Foglio Palmaroli, in giacca-maglioncino. Forse come i grandi comici lui in realtà è triste, ma più che triste è molto serio, di sicuro un po’ trattenuto, poi quando “lavora”, si accende e diventa spassoso. Accompagnato dalla moglie e dal figlio neonato, che si chiama Filippo Tommaso (omaggio neanche troppo nascosto a Marinetti. “E gli è andata bene che non l’abbiamo chiamato proprio Filippo Tommaso Marinetti tutto attaccato”, dice al Foglio). E se è una femmina non l’avrebbe chiamata Roma, come canta il poeta, ma forse Iva, diciamo noi, per un’altra sua vignetta, in cui una bambina rimprovera i genitori di averla messa al mondo solo per ottenere gli sgravi fiscali che i governi (con poco successo in realtà) continuano a promettere.
Palmaroli, cinquantaduenne, ha diversi primati, essere il primo vignettista digitale italiano - paese dove gli startupper hanno 50 anni - ed essere pure il primo vignettista (bravo) considerato di destra o almeno non di sinistra. Così in libreria ecco comparire vari esponenti di maggioranza, la ministra Roccella, poi il capogruppo di Forza Italia Cattaneo, il deputato sempre di Forza Italia Baldelli, ma poi ci sono anche innesti spurii, il deputato di Italia Viva Luciano Nobili, e perfino l’ex presidente dell’ANM Palamara. “Comunque a Italia Viva sono spiritosi, Renzi è forse il più spiritoso dei politici, non se la prende con le mie battute, mi hanno invitato alla Leopolda e mi hanno pure accolto calorosamente” dice Palmaroli. “Certo avrei voluto dire che la più spiritosa è la Meloni, ma poi mi dite che son di parte”. Tutti ci chiediamo: ma il titolo è per il noto personaggio radiofonico oppure per Albertone? La seconda che hai detto, dunque è Trump, che campeggia in copertina al suo nuovo libro, edito da Rai libri, “e sembra proprio un americano a Roma”. Ma perché proprio Trump? “Perché con un politico italiano in copertina uno a Natale non è che è proprio invogliato all’acquisto, non ce lo vogliono in casa”. Il libro consta di 171 vignette, spalmate di mese in mese, che poi lui legge e recita davanti al pubblico, che si scompiscia, e si capisce intanto una cosa, che fanno molto più ridere recitate da lui, le sue vignette, che ha tempi comici perfetti, oltre che il romanesco giusto.
Ecco, ma questo romanesco: non è che al nord non la capiscono? “Anche lì, se le leggono nel libro rimangono più freddi, e quando le recito io si divertono di più. Ma non è però che col romanesco io voglio sfruttare una moda, visto che tutto ciò che è romano oggi spopola. Lo utilizzo perché è il suo mio naturale modo di esprimermi umoristicamente”. Ha mai disegnato manualmente una vignetta? “Mai, io dipendo interamente dal digitale”, dice Palmaroli, questo strano nativo digitale laziale, cinquantenne e brizzolato, e anche statale. Ma insomma si può sapere qual è questa fantomatica azienda statale o parastatale per cui lavora? Acea, Ama, Atac? Una megaditta? “Non se po’ dì, sennò mi cacciano”, dice lui, che questanno festeggia anche i 10 anni della sua seconda vita da vignettista. Ma il vignettista digital y parastatal comunque è una meraviglia che potrebbe succedere solo a Roma, e Roma è al centro della sua, si sarebbe detto un tempo, poetica. Il romanesco applicato soprattutto ai contesti più seri e formali del resto corrode tutto, esercita un cortocircuito che esplode soprattutto con le vignette a tema internazionale. C’è per esempio una foto di Trump al banchetto formale da Re Carlo al castello di Windsor, la visita di Stato dei mesi scorsi, dove Carlo è in piedi e legge su un gran papiro il consueto discorso per il brindisi in onore dell’ospite, mentre Kate Middleton in alta uniforme si sforza di sorridere a Trump, seduto accanto. La didascalia trasforma tutto. Carlo diventa un cameriere che dice: “come secondi oggi c’ho: abbacchio scottadito, trippa alla romana, straccetti di vitella, polpette al sugo”. E Kate dice a Trump: “Le polpette mejo evità, che n’sai mai che carne ci mettono”. Oppure sempre a Windsor, visita di Macron, e Carlo e Camilla sono in piedi ad attenderlo, e Carlo dice: “Tieni giù le mani che questa è ancora ‘na ragazzina” (sottintesa, la passione di Macron per le signore un po’ agée). Un’altra, c’è la moglie di Bezos che torna dalla sua missione spaziale, ricordate, quella pre-matrimonio, una specie di addio al celibato orbitale di tutte donne, e lei scende dalla navicella, e Bezos di spalle la riabbraccia. Ma lei dice qualcosa come “Amò, ho rigato la fiancata”, e lui: “Ecchecazzo, però”.
Ecco, ma scrivendole forse fannom meno ridere. Forse servirebbe un podcast-vignetta. Qualcuno potrebbe pensare che Palmaroli si cimenti sull’estero per non disturbare i manovratori italiani, ma lui ne ha anche per loro, anche se ammette che il clima “si è incattivito parecchio”, di questi tempi. “Privatamente i politici sono contenti e ti scrivono, è quasi un punto d’onore avere la vignetta, certificazione della loro esistenza, ma poi in pubblico non sono felici”. Questo incattivimento, dice, è una difficoltà che “pesa più del cosiddetto politicamente corretto”, quella cosa per cui, secondo molti, ‘non si potrebbe più dire niente’. Qui Palmaroli mi conquista definitivamente, dato che non passa giorno in cui il millecinquecentesimo comico a fine carriera incolpa il pol.corr. del suo declino, un po’ come l’Albertone di “a me m’ha rovinato a guera”. “In realtà”, dice Palmaroli, “il politicamente corretto è andato talmente oltre che ormai si fa satira sul politicamente corretto, che fa ridere, quindi non è un limite”. Per esempio, ecco una battuta estemporanea su Biancaneve e i sette nani, con la fiaba in versione Disney finita nel mirino all’apice del wokismo, quando si disse che i nani erano patriarcali e Biancaneve faceva loro da serva. “Ma loro poracci stanno tutto il giorno in miniera, mi sembra che Biancaneve ce poteva pure sta, nel caso, a fargli i letti. Poi sono lettini, piccoli”. “Poi, certo, quando Fiorella Mannoia cambia il finale della sua canzone Quello che le donne non dicono da ‘ti diremo ancora un altro sì’, a ‘un altro no’, mi viene la tentazione di dire: ma allora cambia pure quell’altra strofa, ‘i complimenti dei playboy’, trasformiamolo in ‘il catcalling dei playboy’.
Come nascono i suoi “pezzi”, che fa per il Tempo e anche per Porta a Porta? Parte dall’immagine o dal fumetto? “Diciamo che penso prima la battuta, poi trovo la foto”. E’ completamente libero o i committenti le dicono qualcosa? “Mi danno un’indicazione sul tema del giorno, specialmente in tv, ma poi no, censura di nessun tipo”. E non ha mai pensato di passare a un giornale più grosso? “Sì, ho avuto proposte, ma soprattutto da tv; per un po’ ho fatto anche il Corriere, e il Giornale, ma poi sono tornato al Tempo, mi piace di più come dimensione romana”. I giornali li legge? “Corriere, il Tempo, il Foglio”. Le vignette dei giornali le guarda? “Non particolarmente. Ho qualche libro di Forattini. A Lui mi accomuna credo l’idea di fare vignette non troppo feroci, conservando una certa umanità. Cerco poi di evitare battute su lutti, malattie, morti. Quando me ne hanno chiesta una su Armani defunto non è stato facile, poi me la son cavata con lo stilista che dice fra sé e sé “Speriamo d’avecce qualche sarto in paradiso”.
Ma in generale, dice Palmaroli che gli sarebbe piaciuto lavorare nella prima repubblica, quando i politici erano remoti, distanti, e ancora intoccabili, e la satira aveva un potere molto maggiore. In effetti oggi a parte Trump, che è praticamente un Osho globale, che passa le giornate ad armeggiare coi meme, cioè vignette sui suoi colleghi – o come lo sketch su Biden, di cui ha sostituito il ritratto alla Casa Bianca con quello di una “autopen”, la penna automatica con cui l'anziano ex presidente, vittima preferita di Trump e pure di Palmaroli, avrebbe firmato i documenti – i politici sono fin troppo abbordabili (e anche alla presentazione di questo libro infatti ci son quasi più politici che lettori comuni). Anche i tempi della satira sono diventati supersonici, “un tempo tu facevi il tuo pezzo, e usciva il giorno dopo, e basta, adesso coi social è tutto più veloce, e ti accusano magari di aver copiato pure”. E succede? “Può capitare che si faccia la stessa battuta. Ma se è venuta a tanti vuol dire che non è una gran battuta”.