(foto Ansa)

molto di cui discutere

Tutti i nodi del “cantiere” legge elettorale che agitano la destra

Luca Roberto

Donzelli ha subito rilanciato un nuovo testo. Ma nella maggioranza sono tanti i punti di discussione: dal ballottaggio al nome del premeir sulla scheda. E c'è chi dice: "Non è questo il momento"

Per un Salvini che apre al proporzionale, con i leghisti che sussurrano “ne parleremo quando sarà il momento”, si scopre che all’interno della maggioranza non c’è affatto unanimità sul tipo di legge elettorale da approvare prima delle elezioni politiche. Il risultato in Puglia e in Campania ha convinto la premier Giorgia Meloni che sia il tempo di agire. Anche perché una nuova legge fatta a pochi mesi dal voto potrebbe inverare ancor di più la profezia del “chi cambia la legge elettorale poi nelle urne la subisce”. Non è un caso che il responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli ne abbia parlato a poche ore dalla chiusura dei seggi. Il cantiere, sottotraccia, è stato aperto da tempo. Anche se non ancora con le precisazioni da sottoporre alle forze di opposizione. Si lavora a un proporzionale con premio di maggioranza per chi supera il 43 per cento dei voti (vincerebbe il 55 per cento dei seggi). Ma il modello Calderoli-Donzelli-Meloni non prevede un ballottaggio tra le due forze più votate: nel caso nessuno raggiunga quella soglia, i voti sarebbero ripartiti su base proporzionale. “E ciò equivarrebbe al ritorno alla Prima Repubblica”, spiega al Foglio il politologo della Luiss Roberto D’Alimonte, uno dei massimi esperti di sistemi elettorali. Il quale indica due possibili soluzioni: “O un ritorno al Mattarellum del 1993, che consente di aumentare le quote di seggi uninominali. O un sistema proporzionale con premio di maggioranza e ballottaggio. In questo modo di fatto si arriverebbe a un premierato senza bisogno di modifiche costituzionali”. Di certo c’è, come aggiunge il docente Luiss, che “le regole elettorali vanno cambiate con la più larga maggioranza possibile. Non è possibile che la destra usi la maggioranza che nel 2022 ha ottenuto per caso per fare una legge di parte. Per questo suggerirei a Schlein di accettare un buon compromesso: rinunciare ai collegi uninominali e ottenere il doppio turno. Sarebbe una garanzia anche per lei”.

 

Anche Forza Italia ha confermato di essere a favore del proporzionale con premio di maggioranza (lo ha ribadito ieri il portavoce nazionale Nevi). Ma è anche sulla natura delle soglie di sbarramento che bisognerà contemperare gli animi della coalizione: una soglia ribassata, per permettere a Calenda e ad Azione di correre da soli, sarebbe appetibile anche per i soggetti più piccoli della coalizione, come Noi Moderati e Udc. FI, però, preferirebbe la soglia attuale (il 3 per cento fuori dalle alleanze. All’1 per cento all’interno delle coalizioni) per coagulare il voto moderato. Sempre dentro FI, poi, ancor prima di discutere di preferenze e listini bloccati, non sono granché d’accordo con l’indicazione del premier sulla scheda: Meloni “fagociterebbe” il voto degli alleati. Fatto sta che, come sintetizza l’onorevole Gianfranco Rotondi, eletto con FdI, “si deve intervenire e lo si deve fare adesso. Il Rosatellum Renzi e Berlusconi l’hanno scritto per non far vincere nessuno. A Meloni è riuscito di compiere la missione impossibile. Ma lo scenario attuale anestetizza le possibilità di vittoria. Anche a Schlein conviene un accordo”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.