Luca Zaia (foto Ansa)

Dopo le elezioni

Il Veneto rimane Zaiastan anche senza Zaia alla guida

Giovanni Battistuzzi

L'ex presidente di regione prende oltre duecento mila preferenze alle regionali. Un messaggio dell'elettorato leghista. Ma occhio ai numeri assoluti

Il Veneto ha scelto ancora il centrodestra, ha deciso che sarà Alberto Stefani a guidare la regione per i prossimi cinque anni, premiato con il 64,39 per cento dei voti (Giovanni Manildo, il candidato del centrosinistra si è fermato al 28,88 per cento, Riccardo Szumski invece al 5,13 per cento). Gli elettori veneti hanno soprattutto dato retta allo slogan elettorale di Luca Zaia, l'uomo che ha guidato la regione negli ultimi quindici anni: "Dopo Zaia, scrivi Zaia". Oltre 200mila (203.054 per la precisione) lo hanno fatto, hanno scritto Zaia, hanno dato a lui la preferenza. Un plebiscito, un altro a cinque anni dal precedente, quello che lo elesse per il terzo mandato con oltre il 75 per cento dei voti (precisamente il 76,79).

"Adesso tutti hanno capito cosa intendevo quando dicevo vedrò di essere un problema. Andate a guardare i dati e capirete", ha commentato l'ex presidente. Il messaggio era chiaro, diretto alla maggioranza di governo che ha preferito non modificare la legge che vietava il terzo mandato consecutivo a un presidente di regione approvata nel 2004, durante il secondo governo di Silvio Berlusconi (Zaia ne ha fatti tre, ma il primo è iniziato prima dell'assimilazione della legge nell'ordinamento veneto, avvenuta solo nel 2012).

Non il solo: "Se oggi avessimo avuto la Lista Zaia questa maggioranza avrebbe avuto ancora più consiglieri. Si governa con i consiglieri non con le chiacchiere. E noi qui stiamo compiendo una missione impossibile se pensiamo agli ultimi risultati delle Europee". Il Doge trevisan rivendica il suo trono, sempre senza sbraitare, ma con il piglio di chi sa di detenere molto di più di qualche voto. Di chi sa di essere il rappresentante di qualcosa di diverso da un potentato regionale, di chi si sente di essere - e le urne lo hanno confermato - il punto focale di un immaginario condiviso (che va anche oltre il numero di chi si è recato alle urne).

La Lista Zaia avrebbe fotografato questo, l'esistenza di uno Zaiastan decisamente maggioritario in Veneto. Avrebbe anche però certificato la crisi della Lega, la sempre minore simpatia dei leghisti veneti per Matteo Salvini, accusato ormai da anni di non fare nulla per l'Autonomia e di aver sacrificato il Nord per prendere voti altrove. Il messaggio dell'elettorato fu chiarissimo cinque anni fa: 916.087 alla Lista Zaia, 347.832 alla Lega per Salvini Premier. Zaia e i suoi elettori hanno fatto in modo di renderlo il più evidente possibile anche in queste regionali: oltre 203.054 preferenze su 607.220 voti totali alla Lega, oltre un terzo insomma, sono un messaggio. Che dice: Caro Stefani, cara Lega, noi ti abbiamo votato anche questa volta ma andate avanti nel tracciato del Doge. Un messaggio che sommato ai 83.054 voti raccolti da Riccardo Szumski, il candidato che ha rappresentato, almeno in parte (non è solo il candidato dei No Vax) il messaggio primigenio del Veneto leghista è ancora più forte. Ed è infatti probabile che alcuni dei voti che andarono nel 2020 alla Lista Zaia (quasi un milione) e che non si sono spostati interamente alla Lega (che ha aumentato i suo voti di circa 260 mila, praticamente le preferenze di Zaia) sia andata a lui (15 mila voti circa). Il resto di quei voti deve aver aumentato i consensi di FdI (cresciuti di oltre 115 mila voti) e soprattutto nell'astensionismo, aumentato del 16 per cento.

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