Ansa
Dagli Appennini alle Ande
Tajani “l'italofono”, nasce la comunità di chi vede la nostra lingua come "ponte"
Prima conferenza sull'italofonia, alla presenza del promotore e ministro degli Esteri e di ministri e viceministri dei paesi che hanno l'italiano come lingua ufficiale. C'è anche Rafael Grossi, direttore generale dell'Aiea, pronto per il vertice Onu
L’occasione è solenne. E subito sconfitto è il timore che l’evento – la prima conferenza sull’italofonia, in programma (ieri) a Villa Madama – possa trasformarsi, agli occhi dei più maliziosi antipatizzanti del governo Meloni, in trasfigurazione macchiettistica del paese che ha dato rango ministeriale alla sovranità alimentare (senza nulla togliere alla medesima). Illustri infatti sono gli intenti e gli ospiti che sfilano sotto gli occhi del promotore, vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: governanti e parlamentari di paesi che hanno l’italiano tra le lingue ufficiali, dalla Svizzera alla Croazia alla Slovenia a San Marino; alti funzionari Ue, a partire dalla presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola in videocollegamento. E ancora: rappresentanti di paesi amici dell’Italia e dell’italiano come “ponte”, dirà Tajani, e quindi la Grecia, la Francia, l’Albania, Malta, il Kosovo e la Romania con cui, dirà la giovane ministra degli Esteri Oana Toiu, la collaborazione sarà sempre più stretta su vari fronti, da quello orientale all’Ucraina agli scambi economici e culturali.
Ci sono anche alcuni paesi dell’Africa (e, a un certo punto, durante la pausa caffé, Tajani viene metaforicamente abbracciato da un piccolo nugolo di ascoltatori provenienti dalla Somalia). Sotto gli occhi dei co-promotori — il capo del dipartimento degli Affari esteri della Svizzera Ignazio Cassis e il presidente della Società Dante Alighieri Andrea Riccardi — viene dunque istituita ufficialmente la “comunità dell’italofonia”, forum “tra parti unite dall’interesse e dalla passione per la lingua italiana”, con “l’obiettivo di promuovere la diffusione dell’italiano nel mondo quale strumento di pace e dialogo, partenariato economico e culturale”. Gli interventi esplorano a ritroso i ruoli che la lingua italiana ha rivestito nella storia, nelle arti, nelle scienze. Si va – letteralmente – dalle Appennini alle Ande, come dirà poi, ricordando il “Libro cuore”, lettura prediletta di un’infanzia italofona nella natìa Buenos Aires, l’argentino Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Aiea, l’uomo che Tajani (e non solo) si augura diventi presto segretario generale dell’Onu. La sua possibile nomina, infatti, è uno dei sottotemi del giorno, oltre al voto del Consiglio di sicurezza sul futuro di Gaza e alle rassicurazioni che il ministro degli Esteri dà sulle “contromisure necessarie” adottate in tema di minacce ibride.
L’italiano, dice Tajani, guardando al Mediterraneo (non per niente, racconta, sua nonna era nata ad Alessandria d’Egitto), può fare da terreno comune per il “percorso aperto” di chi, “senza vincoli e impegni di tipo economico”, vorrà far parte della suddetta comunità. Tocca al ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis citare il coraggio che c’è voluto, all’inizio del suo mandato, a scegliere l’Italia come prima destinazione di visita da rappresentante di un paese dove due persone su tre parlano tedesco. “Ma in questo mondo tumultuoso c’è bisogno di bellezza”, dice, indicando la lingua italiana come veicolo di genio e intelletto, faro nella strada che porta a rivolgere lo sguardo un po’ più a Sud, impedendo di perdersi in un mondo “omogeneizzato”. Arriva anche il messaggio di papa Leone XIV, mentre Riccardi ripercorre i viaggi di un popolo di esploratori, uniti nella lingua prima che nelle istituzioni anche grazie a Dante – che ha voluto scrivere il suo capolavoro non in latino, ma in quella che, allora, era considerata la lingua povera, conquistandosi così l’immortalità. “L’italiano”, dice infine Rafael Grossi citando Henry James, “è un coro di angeli che cantano insieme”.
“E gli italiani”, conclude il direttore generale Aiea, figlio di famiglia immigrata dal Piemonte nel Novecento, “si sono affermati nel mondo non come soldati, ma come cittadini globali…sono andati nel mondo non come conquistatori ma come costruttori — di città, di ferrovie, di cultura e di comunità. Ovunque siano giunti, hanno creato ricchezza, benessere e solidarietà”. C’è chi ci vede il programma da possibile segretario Onu: “Di fronte a un mondo fratturato, in cui persino il futuro del multilateralismo e delle Nazioni Unite è messo in discussione”, dice infatti Grossi, “iniziative come la comunità dell’italofonia dimostrano che il multilateralismo e la diplomazia operano a molti livelli”. Tajani sorride. E’ il momento degli applausi. Visto da Monte Mario, sembra un altro mondo (fuori, di lì a poco, scoppierà infatti il caso FdI-Quirinale).