Il caso

Liti in FI sulla manovra. Lotito: “Gasparri venisse in commissione”. Oggi gli emendamenti segnalati

Gianluca De Rosa

Durante la seduta della commissione Bilancio il patron della Lazio sbotta con il collega di partito. Ce l'ha con il capogruppo Gasparri che avrebbe dimenticato alcuni emendamenti alla legge di Bilancio. Oggi ne resteranno solo 414 (dei quasi seimila), ma nella maggioranza non mancano le tensioni

“Se Gasparri vuole decidere, allora venisse lui in commissione”, tuona a un certo punto Claudio Lotito. Ce l’ha con Dario Damiani, l’altro senatore di Forza Italia che per il partito di Antonio Tajani siede nella commissione Bilancio del Senato, reo, secondo Lotito, di non sapersi imporre abbastanza con il capogruppo del partito Maurizio Gasparri. L’alterco è avvenuto durante la seduta di ieri della Commissione. Al centro del diverbio tra i due gemelli diversi di FI alcuni emendamenti considerati irrinunciabili da Lotito, ma ostacolati dal partito che non li ha inseriti nella lista provvisoria di quelli ‘segnalati’. In particolare un emendamento al quale Lotito tiene molto che prevede l’obbligo per le squadre di serie A e serie B di pubblicare l’elenco nominativo dei soggetti che detengono, direttamente o indirettamente, almeno il 5 per cento del capitale. Una di quelle norme insomma a cui il presidente della Lazio ha abituato già negli scorsi anni e che troppo spesso finiscono finiscono sui giornali come fossero un atto ad hoc di un presidente di una squadra di calcio sul mondo del calcio. Secondo il patron della Lazio, sarebbe stato proprio lo zampino malandrino di Gasparri a fare uscire l’emendamento dall’elenco.

 

Contattato dal Foglio Lotito nega tensioni: “Nessuna lite”. Poi però si scalda nel parlare dell’emendamento contestato: “Ma a voi pare normale che le società quotate devono sempre indicare chi ha quote sopra il 5 per cento, mentre i fondi nelle società di calcio possono rimanere anonimi, magari con partecipazioni in più squadre? Con soldi – continua – che non si sa da dove vengono. Chi ci dice che non c’è riciclaggio o droga ? Io non faccio l’interesse mio, faccio l’interesse generale”. Rientrerà tra i segnalati? “Questo – ammette il patron della Lazio – ancora non lo so”. Ma il battibecco tra Lotito e Damiani è solo l’epifenomeno delle tensioni nel centrodestra sulle modifiche da apportare alla legge di Bilancio. La maggioranza ha presentato quasi 1.600 emendamenti (677 FI, 500 FdI e 399 la Lega). Una valanga che sta lì a segnalare come, anche dentro il centrodestra, la manovra austera del ministro Giancarlo Giorgetti non soddisfi tutti. Ma gli emendamenti sono destinati a ridursi drasticamente. Era fissata per ieri pomeriggio alle 19 la scadenza per la presentazione dei cosiddetti ‘emendamenti segnalati’, quelli cioè destinati ad essere sul serio discussi. Dei quasi 6 mila depositati, ne resteranno 414 (123 per FdI, 70 per il Pd, 57 alla Lega, 51 al M5s, 39 per FI e qualche decina per i gruppi più piccoli), destinati a ridursi ulteriormente martedì prossimo quando gli uffici di Palazzo Madama scremeranno doppioni ed emendamenti inammissibili. L’ufficio di presidenza della Commissione però ha deciso di rinviare il termine a questo pomeriggio alle 16. Si cerca di smussare gli angoli, di evitare le polemiche. E d’altronde i punti di frizione non mancano. FI rinuncerà al suo emendamento per cancellare l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi? La Lega stralcerà quello sull’aumento ulteriore dell’Irap per le banche o sull’estensione della rottamazione o per finanziare ancor di più Strade sicure, la missione che il ministro di FdI Crosetto vorrebbe stralciare? E lo stesso dubbio resta anche sull’emendamento sulla riapertura del condono del 2003 presentato dal senatore di FdI Sergio Rastrelli. Per il partito di Meloni resterà invece l’emendamento del capogruppo Malan che ribadisce come l’oro “gestito e detenuto dalla Banca d'Italia appartiene allo stato”, un vecchio pallino dei Fratelli.

Tra gli emendamenti segnalati dall’opposizioni ci saranno sicuramente i 16 concordati da tutti i partiti del campo largo. E dunque restituzione del fiscal drag (Pd), proroga di opzione donna (Pd), incremento del fondo sanitario nazionale (Pd), introduzione del salario minimo (Pd), estensione della no tax area a 20 mila euro (M5s), stop all’aumento dell’età pensionabile per il comparto sicurezza (M5s), 70 euro in più sull’assegno unico (M5s), ripristino di transizione 4.0 (M5s), stabilizzazione del personale della giustizia e dell’università (Avs), definanziamento dei centri in Albania (Iv) e start tax (Iv). Avs punterà poi sulla patrimoniale e sulla tassazione degli extraprofitti di energetici e armamenti. Mentre per il Pd la griglia definitiva ancora non c’è. Per il M5s, invece, ecco l’incremento per il fondo dei morosi incolpevoli e il reddito di cura per i caregiver. Iv, infine, punterà sul Fondo per genitori che devono seguire bimbi malati, sul rifinanziamento delle metropolitane di Roma, Milano e Napoli e su quelli per la rimozione delle barriere architettonel trasporto pubblico locale. “Sono tutti emendamenti finalizzati a occuparci del paese reale che Meloni dimentica”, dice Lella Paita, capogruppo dei renziani a Palazzo Madama.