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la votazione

"Sul Green deal la maggioranza Ursula è saltata. Ben vengano i voti della destra", dice Salini (Ppe)

Federico Giorgetti

Al Parlamento europeo passa un allegerimento degli obblighi green per le imprese grazie ai voti di sovranisti, patrioti e conservatori. "Costruire nuove alleanze intorno ai provvedimenti è possibile. Basta gongolare con modelli di sostenibilità che non stanno nella realtà", dice l'eurodeputato e membro della commissione Ambiente

"È chiaro che patrioti e sovranisti per noi rappresentano un problema, perché negano l'esistenza del progetto europeo, ma se decidono di votare con noi credo che il Ppe non debba respingere i loro voti". A parlare è Massimiliano Salini, eurodeputato del Ppe in quota Forza Italia e membro della commissione Ambiente. All'Eurocamera, ieri, sono state votate due proposte legislative della Commissione europea sul clima apparentemente in contrasto tra loro per obiettivi e scopi: la prima è passata con il favore della destra dei conservatori, dei patrioti e dei sovranisti, la seconda con il voto di socialisti, liberali e verdi. 

Votare anche con l'estrema destra che significa? "Che il modello negoziale del precedente mandato sul Green Deal è saltato". Cioè? "È saltato quel modello negoziale che dava per acquisita la compattezza della maggioranza cosiddetta Ursula con socialisti, liberali, popolari e alla bisogna i verdi. Quella roba è saltata, ma non è saltata perché si è diventati di destra o di altro genere, è saltata perché in sé non tiene, perché contiene degli elementi anacronistici non basati su una vera valutazione di impatto che inevitabilmente porta un partito come il nostro a defilarsi". 

Il voto espresso ieri con l'appoggio della destra riguarda la proposta Omnibus, che punta a semplificare le direttive sulla rendicontazione di sostenibilità e sulla due diligence per le imprese, riducendo gli obblighi per l'attuazione del Green deal. L'altro voto modifica invece la Climate law, mantenendo l'obiettivo di ridurre le emissioni per il 2040 al 90 per cento. I popolari – azionisti di maggioranza della Commissione von der Leyen – hanno votato entrambe, seppur con qualche divisione interna.

L'impressione è che per attuare le sue proposte il Ppe cammini su un doppio binario politico. "Ma il binario non è determinato dai partiti, quanto dal contenuto della proposta. Mentre una parte rilevante del Ppe ieri ha votato a favore sulla Climate law, gli italiani, gli spagnoli, i francesi, i polacchi e gli sloveni hanno votato contro. Non hanno votato contro Cipro e Malta, per intenderci. È abbastanza frettolosa la conclusione secondo la quale il Ppe sulla Climate law ha votato con la sinistra e sull'Omnibus ha votato con la destra". Quindi c'è stata una divisione all'interno. "Il Ppe al suo interno non è compatto e lo sappiamo. La compattezza è un miraggio che solo un folle potrebbe cercare di perseguire", ammette Salini. 

Antonio Tajani – vicepremier italiano e vicepresidente del Ppe – ha detto più volte: "Mai con gli orbaniani". Non è più uno scandalo votare insieme a certa destra? "È inimmaginabile costruire accordi politici con chi ha un'agenda politica al cui vertice si pone la distruzione del progetto europeo. Però questo non ha impedito loro, in questo caso come in altri, di votare provvedimenti pur sostenuti dal Partito popolare europeo. Trovo che nel momento in cui il contenuto proposto sia corretto, sia assolutamente altrettanto corretto che il Partito popolare europeo non respinga i voti di chicchessìa". Si può costruire un percorso partendo da questo? "Esatto, è un elemento di modernità politica di cui dobbiamo tener conto". Cioè? "Dobbiamo capire se siamo in grado di costruire nuove alleanze politiche intorno ai provvedimenti, modificando anche le nostre agende politiche". Intende che nessuno è disposto ad accettare passi indietro sul proprio programma? "Possibile che intorno all'agenda sull'ambiente i partiti moderati tradizionali come il Partito popolare europeo, il partito di Renew o i conservatori non riescano a costruire un'agenda comune? Oppure la parte più moderata dei socialisti e democratici: costoro non sono in grado di rivedere le proprie agende in modo tale da avere su quella base di contenuto una nuova alleanza politica?". 

Ma così non si rischia, come dicono in molti, di annacquare il Green deal? "L'ambizione ambientale, nel continente con più ambizione ambientale sul pianeta, è in corso da decenni. Noi l'acciaio verde lo facciamo dal 1945, non avevamo bisogno di Timmermans per imparare a fare la circular economy in Italia. E il paradosso che si è realizzato col Green deal dell'ultima legislatura è che quel modello di sostenibilità è stato rallentato". Perchè? "Perché irrigidendo quel modello, diverse aziende sostenibili sono state costrette a chiudere e a delocalizzare produzioni in parti del mondo dove la sostenibilità non sanno neanche che cosa sia. C'è qualcuno invece che decide di gongolare e di coccolarsi con modelli che non stanno nella realtà. Parla ai convegni di sostenibilità, ma non ha mai neanche guardato come funziona un'azienda sostenibile".

Insomma, va bene costruire alleanze variabili partendo dai contenuti. "Certo, a me onestamente che i patrioti votino quella proposta non cambia niente, basta non chiedere di cambiare il contenuto, lo stesso vale per la sinistra. Se nel tempo, anche all'interno della maggioranza, non si riuscirà a rinunciare a pezzi della propria agenda politica, l'unico risultato che otterremo saranno le urne vuote il giorno del voto".