Il racconto
Le bollette di Meloni: prepara due decreti Energia e uno supersicurezza Nordio-Piantedosi. Riunione sulla manovra
Le urgenze di Meloni sono sicurezza ed energia. Nel prossimo Cdm un testo per frenare Salvini e aiutare gli agenti. A dicembre il provvedimento per abbattere gli oneri di sistema. Le ipotesi in campo. Domani incontro con il premier albanese Rama
Ristori e sfratti. Meloni a gas. Ha due urgenze: energia e sicurezza, le bollette e le divise. Il governo prepara un decreto corposo, a quattro mani, Piantedosi e Nordio, un decreto supersicurezza, ed è pronto a inserirlo nel primo Cdm utile. E’ la risposta immediata alle istanze parlamentari di maggioranza, un modo per contenere l’ultimo Salvini, il leader della remigrazione e di “migranti fuori dalle palle”. La Lega presenta oggi le sue misure: sfratti veloci anche per le seconde case, “sanzioni per le famiglie dei maranza”, flagranza di reato estesa per 48 ore. Meloni ha riunito ieri, a Chigi, Tajani, Salvini, Lupi, i capigruppo, per blindare la manovra (Giorgetti, presente, spiega: “Si può modificare se trovate le coperture”). Questo è il calendario. Lo scenario: Meloni vuole varare a dicembre una misura strutturale sull’energia che definisce “materia delicatissima” tanto da avocarla a Palazzo Chigi. Si punta agli oneri di sistema.
Meloni risponde. La prima risposta intende darla ai sindaci del Pd, come Silvia Salis di Genova, i sindaci che hanno lamentato un problema di agenti sul territorio. La seconda risposta vuole darla alle famiglie e alle imprese. E’ il tema che al governo chiamano “delicatissimo”. Riguarda le bollette che sono “il grande cruccio”, quel costo lamentato da Confindustria e destinato a pesare nei mesi invernali. Si parla di un Cdm “securitario” già in giornata (ma non è confermato): le misure riguardano lo scorrimento delle graduatorie per gli agenti, la velocizzazione dei concorsi, assunzioni per militari, agenti di cui necessita il Viminale. Le altre misure dovrebbero interessare la tutela delle forze dell’ordine.
Sono gli argomenti di Lega e FdI delle ultime settimane. La parte internazionale, lo stato dell’arte del conflitto russo-ucraino, il piano di pace in Medio Oriente sarà invece oggetto del Consiglio supremo di difesa previsto per lunedì 17. Si attende ancora dalla Ue di ricevere la lista dei paesi sicuri per fare andare a regime i Cpr in Albania. La sicurezza è la mezza luna di Meloni, l’altra metà è l’energia. Non si esclude che possa entrare, anche questo nel primo Cdm utile, il famigerato decreto energia che si attende dall’estate. E’ il decreto del ministro Pichetto Fratin, un testo tormentato al punto che nei ministeri è stato rinominato il “decreto che verrà”. Non è la misura risolutiva che ha in mente Meloni ma solo il primo tempo. Il decreto poderoso, quello per sterilizzare il costo dell’energia, è previsto a dicembre, prima di Natale, e sta facendo perdere la testa al gabinetto di Meloni. Se ne stanno occupando Gaetano Caputi e Fazzolari. Il dossier è così importante che è stato avocato da Chigi. Il primo tempo, il decreto Energia base, servirà a risolvere due problematiche: la saturazione del sistema energetico e il contenzioso che riguarda le aree idonee, vale a dire le aree dove sarà consentito installare pannelli fotovoltaici su terreni agricoli. Si contrappongono due ministeri: quello di Pichetto e quello di Lollobrigida. Il secondo decreto Energia è la vera incognita. Meloni vuole abbassare il costo delle bollette e per farlo ha bisogno di abbattere gli oneri di sistema. E’ la voce in bolletta che, come le accise, è stata usata dallo stato come cestino. Sugli oneri di sistema sono stati caricati ogni tipo di bisogni e modificarli ha un costo incalcolabile. La crisi energetica, il conflitto in Russia, ha portato alla ribalta un tema dimenticato. Per il governo è quasi impossibile intervenire sul costo puro perché ogni operatore acquista sul mercato internazionale e applica le sue tariffe. E’ altrettanto impensabile che un aiuto, modello extraprofitti e contributi spontanei, arrivi da una grande partecipata come Eni anche perché non supererebbe, si teme, il vaglio dell’Antitrust.
Come si interviene? Mai il governo si è sentito tirato in causa come sul costo dell’energia e mai si è avvertito vulnerabile come su questo argomento. In una riposta del 25 giugno, a Milano Finanza, il coordinatore dell’ufficio studi di FdI, Francesco Filini, puntava sugli oneri di sistema che, scriveva Filini, derivano da decisioni assunte da Arera, “nell’esercizio della propria autonomia e indipendenza regolatoria”. Arera è un’altra Authority in cima ai pensieri di Meloni più del Garante per la Privacy (i vertici di Arera sono in proroga ed entro fine anno si rinnova il suo collegio). Il governo potrebbe intervenire su due leve. La prima: agire sul costo di transito del gas alla frontiera. E’ un onere (gap) che grava sulla società che acquista ed è una cifra che varia a seconda della chiusura del mercato olandese. Il governo studia un sistema di spianamento del gap, un meccanismo che possa garantire agli operatori una remunerazione più bassa ma fissa. Vale un miliardo di oneri in più. Un’altra possibilità, più fantasiosa, che gira dai tempi del governo Draghi sarebbe rilasciare una quota di gas nazionale concordato. Andrebbe coinvolta l’Eni e si aspetta la risposta della Commissione europea che potrebbe però giudicarla come un aiuto di stato. Si attende. Meloni a gas. Salvini fa l’arrotino.