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il colloquio

"Il segreto di Mamdani? Ha riportato il corpo nella comunicazione politica". Parla Patrick Facciolo

Federico Giorgetti

Il nuovo sindaco di New York è una lezione per la comunicazione della sinistra italiana, dice l'analista da milioni di visualizzazioni. Fisicità, slogan efficaci e appartenenza. In Italia ci siamo avvicinati a questo modello solo con Grillo e Berlusconi

"Schlein funziona rispetto alla sua base, che vive di appartenenza a prescindere da lei. Ma non sfonda sugli altri elettori, perché fuori dal perimetro del PD la sua comunicazione non suona credibile." A parlare è Patrick Facciolo, esperto analista della comunicazione con milioni di visualizzazioni sui social, da qualche tempo ospite fisso da Chiambretti su Rai 3 a "Fin che la barca va". Qualche giorno fa, in un post su instagram del Pd dove si celebrava la vittoria di Mamdani, Facciolo ha commentato così: "Il messaggio chiaro che arriva da Mamdani, e che purtroppo non avete ancora recepito, è che per vincere dovete imparare a comunicare meglio".

Ed è proprio dal risultato di New York che partiamo, quali sono stati secondo i principali punti di forza della campagna elettorale di Mamdani sui social media? "La forza della campagna di Mamdani sta nel corpo, prima ancora che nel messaggio. Ha riportato la fisicità dentro la politica. Sorrisi con gli occhi (quelli Duchenne, con i muscoli orbicolari mobilitati) in qualsiasi video, e linguaggio del corpo costantemente aperto e rivolto agli altri. Quando si tuffa nell’oceano per parlare del caro affitti non sta solo comunicando un messaggio, ma lo sta rendendo ridondante con il corpo. È il principio psicologico del CREDs: mostrare di credere in ciò che si dice attraverso azioni “costose” e visibili. È questo rafforzamento tra corpo e parola che oggi genera fiducia, più dei programmi e dei partiti."

La comunicazione di Mamdani le ha ricordato qualcuno? "Abbiamo un precedente: Beppe Grillo nel 2012 quando attraversò a nuoto lo Stretto di Messina con il logo del Movimento 5 Stelle sulla schiena. Oppure ancora l'episodio di Berlusconi dopo l’attentato della statuetta nel 2009 a Milano, quando si alzò in piedi ancora sanguinante per mostrare il suo corpo al pubblico. Era come se ci dicesse: “Sono ferito, ma non rinuncio a salutarvi e a tranquillizzarvi”. La stessa cosa che accadde a Trump pochi istanti dopo l’attentato del 2024. E in tutto questo c’è un distinguo importante. Grillo, Mamdani, Berlusconi e Trump utilizzano il corpo come strumento di credibilità simbolica, per dire “ci credo così tanto che metto in atto azioni fisicamente costose. Dall’altra parte c’è Gualtieri che pianta alberi e indica cestini nei sui social, e non attiva lo stesso meccanismo."

Non è un caso insomma che l'affluenza alle urne registrata a New York non si vedeva dal 1969. "Il ritorno al voto nasce spesso da sentimenti di appartenenza. Mamdani ha ricostituito il percepito di una comunità, non un pubblico. E lo ha fatto parlando in modo diretto, leggibile, accessibile. Non ha abbassato la complessità, l’ha resa più raccontabile." E in Italia? "Succede il contrario: molti politici continuano a spiegarsi solo nel merito, facendo un uso poco congruente del linguaggio del corpo e degli altri canali di comunicazione non verbale disponibili. Per questo l’astensione resta una forma di autodifesa verso una politica fatta solo di (presunto e sopravvalutato) potere delle parole, non di disinteresse." Però Mamdani ha proposto alcune cose molto difficili se non impossibili da realizzare, non vede il rischio che questa velocità e accessibilità dei contenuti si trasformi in "fantapolitica"? "La velocità della comunicazione è un rischio solo se è vuota. Mamdani non semplifica ma condensa. Così come faceva - benché sia un paragone lontanissimo - Berlusconi quando prometteva in sole quattro parole “meno tasse per tutti”. Lo slogan, se è denso di senso, non banalizza. Quando Mamdani sostiene, con una metafora molto avventurosa e surreale, che se lui può congelarsi buttandosi nell’oceano, allora si possono congelare anche gli affitti, non riduce un tema complesso: lo traduce in un linguaggio corporeo costoso, e per questo efficace. Ma in tutto questo c’è anche il punto critico: l’overpromising, l’azione comunicativa di promettere troppo. Se si promette troppo, si generano aspettative irrealistiche. Lo slogan, in politica, amplifica il messaggio, ma amplifica anche la delusione se la promessa non si realizza".

 

Lei è sempre molto critico nei confronti della comunicazione della segretaria del Pd Elly Schlein, cosa c'è da imparare da questa vittoria? "Che la credibilità non nasce solo dal messaggio, ma anche dal ruolo importantissimo della forma. E dalla congruenza tra ciò che si dice e come lo si dice. La comunicazione di Schlein oggi appare artificiosa: adotta un linguaggio e un tono che non le appartengono, una gesticolazione da manuale base (e letto molto rapidamente) di public speaking. Questo genera distanza. È il paradosso di chi prova a sembrare spontaneo senza incarnare davvero quella spontaneità. In un’epoca in cui l’autenticità è percepita come la forma più alta di competenza, una costruzione artificiosa del non verbale diventa un ostacolo. Il pubblico oggi non cerca perfezione, ma senso di appartenenza."

 

Il senatore del Pd Dario Franceschini ha recentemente dichiarato che "può guidare la sinistra solo un leader radicale, non moderato”, dal punto di vista comunicativo, questa può essere una strada? "Franceschini sbaglia, così come sbaglia chi fa pressione su Silvia Salis in questa direzione. Tutti ignorano il teorema dell’elettore mediano: in un sistema bipolare (che volente o nolente è ancora il nostro), le elezioni si vincono conquistando l’elettore “decisivo”, quello che divide in due la distribuzione delle preferenze politiche (ed è “mediano”, non “medio”, attenzione a non confondere). Oggi l’elettore mediano sta sulla parte destra dell’asse politico." E quindi? "Le opposizioni, se vogliono tornare competitive, devono parlare anche a chi vota abitualmente a destra: sicurezza, tasse, partite Iva. Sono temi su cui oggi a sinistra praticamente si tace, lasciando enormi praterie che la destra occupa con facilità e agio da più di trent’anni. E come per Schlein, anche qui vale una regola semplice: se in questi temi non ci si crede davvero, far finta di crederci rende poco credibili. Per questo l’impresa non è impossibile, ma davvero molto ardua.

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