Foto LaPresse

l'editoriale del direttore

La nuova egemonia della destra

Claudio Cerasa

Detta l’agenda e occupa ogni spazio, tenendo insieme anche gli opposti. Milei, Trump, Meloni, Orbán, Ursula, l’AfD. Virus e vaccino. Così la sinistra sta perdendo la battaglia più importante: quella sull’immaginario del futuro

Il filo è sottile ma c’è. Pensateci. Cosa tiene insieme la vittoria formidabile di Javier Milei, le parole di Donald Trump sull’Argentina, l’incontro tra Viktor Orbán e Giorgia Meloni, i litigi nella maggioranza sulla manovra, la battaglia in Europa contro Ursula von der Leyen, la competizione politica tra Cdu e AfD, il rapporto complicato tra Le Pen e Meloni e anche la riforma della giustizia che oggi verrà definitivamente approvata dalla maggioranza in Italia? Il filo è sottile ma c’è. Ed è un filo che riguarda un’egemonia improvvisa, totalizzante più che totalitaria, che ha a che fare con lo strapotere politico acquisito negli ultimi anni dalle destre mondiali. Le destre, in modo progressivo, si sono appropriate non solo genericamente dell’agenda della politica del globo terracqueo (cit.) ma anche di tutto il resto. Si sono appropriate dei sogni, degli incubi, dei virus, dei vaccini e hanno sottratto ai propri nemici gran parte dell’immaginario politico contemporaneo. I nemici della destra hanno agevolato lo strapotere politico delle destre mondiali trasformando in temi di destra ogni tema toccato dalla destra, e in questa disciplina la segretaria del Pd Elly Schlein è certamente cintura nera, campione del mondo. E mentre le sinistre di tutto il mondo hanno provato in questi anni a contrastare le destre utilizzando l’arma dell’antifascismo, anche quando il fascismo non c’era, la sinistra non si è limitata a perdere voti. Ha fatto di più: ha regalato alla destra il racconto del presente e anche del futuro, impadronendosi delle domande, delle paure e delle speranze degli elettori. Il risultato è che oggi nella destra si trova semplicemente di tutto: tutto e il suo contrario.

 

Nella destra mondiale, le cui sfumature superano ormai abbondantemente le più famose e certamente più sensuali sfumature di grigio della scrittrice Erika Leonard, si trova di tutto. Si trovano putiniani e anti putiniani. Si trovano amici del mercato e nemici della globalizzazione. Si trovano sostenitori del protezionismo e nemici dei dazi. Si trovano xenofobi e anti xenofobi. Statalisti e anti statalisti. Atlantisti e anti atlantisti. Europeisti ed euroscettici. Nazionalisti e anti nazionalisti. Il caso di Milei, in fondo, è solo l’ultimo di una lunga serie. E la magia con cui un protezionista come Trump possa dirsi oggi felice per la vittoria alle elezioni di un liberista come Milei è un gioco di prestigio che mostra la capacità assoluta con cui la destra mondiale occupa ormai ogni angolo del dibattito pubblico (Milei sostiene liberalizzazione radicale, minore stato, apertura; Le Pen sostiene più stato, meno apertura, meno liberalizzazioni; Milei cerca di collocarsi come “alleato ma non subordinato” dell’occidente, amico dell’Europa e molte destre europee felici per la vittoria di Milei preferirebbero che l’occidente guardasse un po’ più alla Russia e meno all’Europa). Ma se vogliamo, lo stesso si potrebbe dire per molto altro. Meloni incontra Orbán, finge cordialità ma in Europa appoggia chi considera Orbán un pericolo per la libertà. Meloni va da Vox ma in Europa è alleata con il partito guidato da Sánchez, che Vox definisce simile a Satana. Salvini elogia in ogni occasione utile l’AfD ma in Europa persino i suoi alleati (i Patrioti) l’hanno cacciata dal gruppo in cui si trova la Lega. La Lega stessa abbraccia Le Pen ma la stessa Le Pen critica ogni volta che ne ha occasione il governo guidato anche dalla Lega per il suo essere troppo europeista. 

 

La destra che ha occupato, oltre che ogni spazio politico, anche l’immaginario globale, è una destra che ovviamente deve camminare sul filo per evitare di litigare al suo interno e per questo quando le destre che hanno visioni del mondo opposte si ritrovano insieme devono stare sulle generali, parlando di grandi temi, molti alti, altissimi, ed evitando con cura di entrare nello specifico e nel dettaglio. Le destre incompatibili tra loro, per non litigare tra loro, quando si incontrano, per caricarsi, parlano di temi spesso inafferrabili, generici. Denunciano la dittatura del wokismo, mentre a volte si appropriano anche dei modelli di wokismo per contrastare i propri avversari. Promettono battaglie fragorose contro le élite, senza accorgersi che ormai sono le destre a essere il simbolo delle élite. Denunciano le politiche troppo permissive della sinistra sull’immigrazione, pur essendo diventata la sinistra, tranne in casi di cinture nere di masochismo come l’Italia, più a destra della destra sul contrasto all’immigrazione illegale. Definiscono i partiti di sinistra come i veri fomentatori della violenza, magari negli stessi istanti in cui con toni invero moderati si bollano gli avversari come costole dell’islamismo. E in definitiva, quando le destre incompatibili con loro si incontrano desiderose di non litigare troppo, cercano di affermare il contrario di quello che accade ormai nella realtà: occorre fare blocco contro l’egemonia culturale della sinistra. E l’egemonia culturale, politica, mediatica della destra è così forte che in molti casi gli elettori considerano la destra stessa come argine agli estremismi della destra (vedi il caso di Merz in Germania). Ed è così forte che ormai il mondo progressista, per cercare di trovare uno spiraglio nel dibattito pubblico, o cerca di replicare il metodo dei populisti per combattere i populismi (vedi il caso del prossimo probabile sindaco di New York Zohran Mamdani) o è costretta a sposare una qualche battaglia di destra per mostrarsi non estremista come quella sinistra che trasforma in politiche di destra ogni battaglia portata avanti dalla destra anche se queste non sono necessariamente di destra (vedi il caso della lotta contro le correnti della magistratura in Italia e vedi il caso della riforma con cui si separano le carriere dei pm e dei giudici, vecchia battaglia non solo di Berlusconi ma anche di un pezzo importante della sinistra riformista). L’egemonia della destra, e la sua capacità di essere contemporaneamente virus e vaccinO, veleno e antidoto, è una delle novità più interessanti della politica contemporanea, per così dire. E una volta messo a fuoco il filo, questo filo, non resta che porsi una domanda: è il mondo che vertiginosamente vira verso destra o è la sinistra che, rinchiudendosi in una ridotta in cui non fa altro che parlare a se stessa, sta regalando inevitabilmente il mondo alla destra? Domanda complicata, risposta forse scontata. E’ l’egemonia, bellezza.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.