L'intervista

“Schlein va difesa, anche i riformisti la aiutino”. Parla il lettiano Meloni

Gianluca De Rosa

Il senatore ed ex coordinatore della segreteria Letta organizza un'evento con la 5 stelle Alessandra Todde lo stesso giorno della convention riformista: "Un caso", dice. E lancia la segretaria: "La candidata premier è lei, ci ha permesso di allargarci"

“Ai miei amici riformisti dico che discutere è legittimo e anche positivo, ma dobbiato tutti sapere che occorre avere uno sguardo, un obiettivo, unitario. Il Pd è stato così in diverse fasi, con un’anima più progressista e una più riformista, ma siamo in grado di continuare ad avere una proposta unitaria. Lo abbiamo fatto nella elaborazione dei temi delicatissimi di politica internazionale, dall’Ucraina al medio oriente, lo faremo anche con le proposte di politica economica. Credo che nessuno nel Pd non sappia che senza crescita non c’è neppure redistribuzione”. Proprio nel giorno in cui i riformisti del Pd si sono dati appuntamento a Milano, il 24 ottobre, per parlare di welfare e crescita, due temi considerati troppo poco attenzionati da Elly Schlein, Marco Meloni, senatore dem ed ex coordinatore della segreteria Pd di Enrico Letta, di cui è stato a lungo  braccio destro e sinistro, organizza a Cagliari un evento parallelo. “Ci tengo a chiarire che si tratta di una coincidenza”, si schermisce. In ogni caso se l’incontro di Milano chiede un cambio di agenda al Pd, troppo al seguito dei 5 stelle di Conte, uno dei principali appuntamenti previsti all’evento di Meloni è l’incontro con Alessandra Todde, la Madonna del campo largo che nel 2024 illuse Schlein e compagni dell’efficacia dell’alleanza larga.

 

Da allora però le cose non sono andate  benissimo. Con eccezione di Umbria e Toscana  il centrosinistra ha perso da tutte le parti. E i 5 stelle risultano sempre più ininfluenti: non aiutano a vincere e non bastano per non perdere. Così da un lato Chiara Appendino chiede a Conte di “rivedere le alleanze”, dall’altra molti compagni di partito di Meloni chiedono di non cedere più all’agenda pentastellata. “Non drammatizzerei. Scontiamo il fatto di essere due forze politiche tra le quali per molti anni c’è stata una forte ostilità, quindi è normale ci sia sempre un po’ di disagio. A me oggi però il punto  sembra  sia connettere il realismo al progetto”. Ci spieghi meglio. “Il realismo è sapere che senza un’alleanza, con questo sistema elettorale, le elezioni si perdono, il progetto è sapere che un’alleanza di forze che non offre una prospettiva e un programma di governo non vince e non convince. Nella sfida a questa destra che vuole delegittimare le istituzioni e, attraverso tre riforme costituzionali (magistratura, premierato e autonomia) scardinare la Costituzione, siamo già affiancati. Lo stesso vale sulla sanità e sui salari. C’è ancora strada da fare? Certo, ma possiamo farcela. Ricordo che nel luglio del ‘22,  a due mesi dalle elezioni, il centrodestra era diviso tra una parte che sosteneva il governo Draghi e un’altra che ne era  ferocemente all’opposizione”.

 

Eppure Paolo Gentiloni alla festa del Foglio ha detto che serve un chiarimento con i 5 stelle sulla politica internazionale. “Siamo abbastanza lontani dalle elezioni per poter ciascuno esperire la propria soggettività, ma con la consapevolezza che il Pd deve restare unito”. In maniera più o meno velata, chi fa queste critiche lascia intendere che gli attuali vertici del Pd, a partire da  Schlein, non sono adeguati al governo.  “La penso diversamente. Credo che l'impegno del partito in questi anni abbia portato a una evoluzione. Abbiamo avuto la capacità di aprirci a forze che si erano separate o erano esterne al Pd e quindi siamo diventati più all’altezza delle sfide contemporanee: è un mondo più complesso, più diseguale e che richiede una forza solidamente progressista che non perda però mai di vista la sua capacità di governo. Ma se non considerassimo che oggi c’è una parte del paese che ha stipendi sempre più bassi  e intanto peggiorano i servizi essenziali, sanità e istruzione prima di tutto, non saremmo all'altezza dei nostri compiti. Bisogna guardare alla crescita, ma molto anche al riequilibrio sociale e territoriale: abbiamo troppe Italie che stanno andando in direzioni divergenti”. Chi deve guidare la coalizione? “Ovviamente, sempre che la destra non cambi la legge elettorale,  il segretario del partito più votato”. Quindi  Schlein? “Certamente”. Non è un segreto che c’è chi cerca formule per soluzioni diverse. “Per me  la soluzione non può che essere questa”.

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