
Il racconto
Boccia (Pd): “Meloni vuole i pieni poteri. Va fermata con il referendum sulla giustizia"
Il 28 ottobre ultimo passaggio del ddl sulla separazione della carriere, parte la campagna Pd che prende le distanze dalle toghe. L'ex ministro Orlando e David Ermini, ex vice Csm: "Rischiamo pm fuori controllo". Donzelli: "Il caso Garlasco ci aiuta". La strategia dem "contro" i magistrati
Fermarla “in nome della Costituzione e non dei magistrati”, fermarla per impedire “la scalata al Colle” e “i pieni poteri di Meloni”. Fermarla. E’ la linea del Pd per vincere il referendum sulla riforma della giustizia, la separazione delle carriere. Dice Francesco Boccia al Foglio: “Il referendum sarà un passaggio decisivo. Il Pd chiederà al paese di dire ‘no’ alla riforma. Lo farà per impedire a Meloni di assumere i pieni poteri. Lo farà spiegando che il referendum non è un referendum sui magistrati ma sulla natura delle istituzioni. Fermare la riforma per fermare Meloni e impedirle di cambiare la Carta”. Il 28 ottobre il ddl sulla separazione delle carriere arriva al Senato per il suo ultimo passaggio parlamentare.
Lo pensa Dario Franceschini, lo pensa Boccia, lo pensa il sindaco dell’Anci, Gaetano Manfredi, lo sa anche Elly Schlein. Il referendum sulla separazione delle carriere precederà le elezioni politiche e finirà per deciderle. Se il centrosinistra dovesse vincere è la prova che il governo è contendibile, la vittoria possibile, ma se il Pd dovesse perdere sarà il segnale che Meloni è imbattibile. Il Pd, e lo anticipa Boccia, ma lo dice anche l’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non farà una campagna elettorale in “difesa dei magistrati”, una categoria che “ha perso la sua credibilità”. Spiega Orlando che “la riforma sulla separazione delle carriere fa schifo e l’ho già detto a una conferenza di Area, la corrente della magistratura, ma pensare di fare una campagna referendaria per difendere i magistrati sarebbe sbagliato. Io non farò una campagna in difesa della magistratura ma solo contro una riforma che ritengo pericolosa, che non toglie potere ai magistrati ma che ne aumenta l’arbitrio. Penso di più: c’è da aver paura. Peseranno i social e i magistrati si sentiranno in dovere di assecondare le emozioni del momento”. Dice sempre Orlando: “E’ un paradosso ma preferirei che il potere della magistratura fosse sotto l’esecutivo perché saprei con chi prendermela. Con questa riforma il potere giudiziario non avrebbe più controllo”. Sta uscendo di scena “il partito dei magistrati” come alleato del Pd, surclassato dal “popolo di Garlasco” alleato di Meloni. Giovanni Donzelli, responsabile di FdI, lo teorizza per la prima volta: “Il referendum sulla separazione delle carriere lo vincerà il popolo di Garlasco. Quel popolo silenzioso di italiani che sono rimasti sconvolti dalle sviste, dalle indagini condotte male. Il caso Garlasco ci aiuta”. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, è un altro che parla di “Garlasco come caso che fa riflettere. Viene quasi da dire che è meglio riparare all’estero che affidarsi a questa giustizia”. Il 28 ottobre, quando la riforma verrà votata, sarà legge, i senatori del Pd parleranno in Aula “di smantellamento della Costituzione” e non di “attacco alla magistratura altrimenti rischiamo perdere la battaglia con Meloni”. E’ una novità. L’adagio della campagna referendaria che il Pd vuole portare avanti sarà “Meloni e i pieni poteri”, “Meloni che usa la riforma per scalare il Quirinale, essere eletta presidente della Repubblica”. Va ribaltato un racconto che oggi vede vincente Meloni, quello dei “magistrati fuori controllo”, che non pagano, protagonisti di scandalo. E’ la premier che ha postato sui social la parola “cortigiana”, usata da Maurizio Landini, la premier che risponde: “La sinistra per criticarmi di dà della prostituta. Landini è obnubilato dal rancore”. Convincere gli italiani che la separazione delle carriere sia un errore è difficile, ma si può spiegare che la riforma serve a Meloni soltanto per “ottenere i pieni poteri” che la separazione delle carriere rende ancora più sfrenati i magistrati. Lo pensa David Ermini, ex vicepresidente del Csm, ex deputato del Pd che profetizza un’Italia da apocalisse giudiziaria: “Io conosco il meccanismo. Sono stato al Csm. Si corre il rischio di avere un esercito senza controllo. Polizia giudiziaria e pm non aspetteranno. Sarà una corsa a indagare, a rincorrere le emozioni del momento come è accaduto con le inchieste di Milano e Garlasco. Per dieci giorni gli indagati sono stati distrutti dai giornali per poi essere scagionati, uscire puliti”. La riforma Meloni sta già cambiando la natura del Pd, quella parte di mondo che è sempre stato accusato di arrivare al governo “grazie alla giustizia a orologeria”. Ultimamente a farne le spese è stato Matteo Ricci nelle Marche e Beppe Sala a Milano. Promette Boccia che “sulla riforma della giustizia, il Pd si farà trovare pronto. Non è la riforma che sana i guasti della magistratura ma solo una riforma che guasta la Carta”. Berlusconi non ce l’ha fatta. Ha vinto Garlasco.