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La “solitudine” di Stefani in Veneto. Affanno, gaffe e l'ombra di Zaia
A Padova l'evento di presentazione del candidato del centrodestra, ma c'è solo la Lega: presenti Salvini e il presidente uscente si candiderà in tutte le province. Assenti, i coordinatori locali di Forza Italia e Fratelli d'Italia
Avrebbe voluto, per lanciare la sua campagna elettorale, un centrodestra compatto, magari anche con i leader nazionali. Ma ieri sera a Padova, al Gran teatro Geox, non c’erano nemmeno Flavio Tosi e Luca De Carlo, i coordinatori locali di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Si è dovuto accontentare di alleati di minor peso. D’altra parte, fanno notare, è la presentazione della Lega e del suo candidato. Non della coalizione.
E’ iniziata così, davanti a circa 3mila persone, la corsa ufficiale di Alberto Stefani per la regione Veneto. Con lui, sul palco, c’erano il leader Matteo Salvini e il governatore uscente Luca Zaia che ieri ha annunciato di candidarsi in tutte le province: "Posso capire tutto ma non i veti".
In mattinata – a poche ore dalla presentazione elettorale – il governato aveva voluto mostrare un'altra volta il suo malcontento per aver ricevuto un no a tutto – dal nome sul simbolo alla sua lista. “Se sono un problema, vedrò veramente di crearlo questo problema”. Ovvero restare in campo.
Per Stefani l'inizio della campagna non è stato in discesa, risentendo del clima – dello scambio lombardo-veneto – in cui è maturata la sua candidatura, di alleati che a Roma hanno provato a mettersi di traverso. E pure di una Lega che rischia di spaccarsi su Roberto Vannacci: il 21 ottobre Salvini ha convocato un Federale in Via Bellerio a Milano e non a Roma come accaduto ultimamente. Non una scelta casuale.
In questo quadro, pure lui, il giovane leghista e segretario della Liga veneta, già sindaco di Borgo Ricco, c’ha messo del suo. “Finisce ora una giornata di ascolto, confronti e strette di mano, con cittadini e imprese che fanno grande il Veneto”, scriveva sua pagina Facebook, a fine giornata il 10 ottobre. Tra gli appuntamenti citati c’era anche Vittorio Veneto. Solo che da quelle parti non si è fatto vedere, come ha raccontato il giornalista Luigi Gandi. Qualcuno addirittura l’ha definito “disertore”. Lo vorrebbero vedere di più anche nelle sezioni. Stefani prova a spiegare che non è facile, che non può essere ovunque e le richieste sono tante. E poi ci sono gli elettori da incontrare.
Non ha tutti i torti, certo. E però, a 32 anni, dal segretario della Liga veneta i militanti si aspettano qualcosa di più, un cambio di passo. Soprattutto da chi si candida a prendere un testimone ingombrante, e pesante, come quello del Doge Zaia e con cui dovrà comunque misurarsi anche in questa tornata elettorale.
"I sondaggi mi danno oltre il 70 per cento”, ricorda spesso il governatore uscente, che di Stefani ha stima e con cui condivide anche un approccio moderato. Ma sul candidato leghista del centrodestra pesa anche la vicinanza a Salvini, il ministro del Ponte sullo Stretto che non è esattamente la priorità per i militanti leghisti, per gli zaian del nord est. E non lo è nemmeno il generale Vannacci.
Non solo: qualcuno ricorda ancora i malumori dell’estate 2023, quando Stefani è diventato segretario della Liga e la base locale non ha gradito, evocando manovre e sponsor romani. La vittoria del centrodestra in Veneto non è in discussione, tanto più con Zaia in campo. Ma certamente conterà anche il come: le percentuali, della Lega e degli alleati. Dipenderà anche dalla campagna elettorale – e dagli "affanni" – di Stefani.
